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CON tutta probabilità Massimo Franco e Andrea Malaguti non potevano sapere che lo stavano involontariamente stuzzicando su un suo cavallo di battaglia. L’asticella – dicevano i due giornalisti ospiti di 8 e Mezzo – è Grillo che la sta alzando in continuazione, verso l’elettorato, verso i propri eletti. Non potevano sapere che Roberto Speranza – ospite ieri sera alla trasmissione di Lilli Gruber – di quel termine aveva fatto in casa lucana un punto di non ritorno, quando il Pd di Basilicata si stava confrontando con una crisi senza precedenti e la voglia di cambiamento. 
«Giovane è giovane, ma già bello navigato», ché per due volte comincia a raccontare senza dire e alla domanda sulla proposta fatta in delegazione al capo dello Stato non dà segni di cedimento. «Avete proposto un governo Bersani?». Niente, al punto non si arriva. Ma lui Roberto, 34 anni e nuovo capogruppo del Pd alla Camera («Entrato in parlamento, venerdì scorso, mi si è fermato il fiato. E’ un onore per me rappresentare le istituzioni») sa come spiegarla. Troppo delicato il momento, con Giorgio Napolitano che ha chiesto qualche ora di tempo per riordinare le idee e poi decidere a chi conferire il mandato. E Roberto è della scuola che non irrompe. Così spiega, non è certo strategia. 
Chi lo conosce sa che non è un modo di fare dell’ultima ora, istituzionale (troppo o no, dipende da chi commenta) lo è da sempre. Anche quando attacca il Pdl – lo ha fatto ieri sera in trasmissione sulla mancata modifica della legge elettorale prima delle elezioni – non affonda, non nei toni.
Ma presidente Speranza, questa continua apertura ai grillini, non contraddice un po’ gli impegni che avevate preso? Il discrimine delle alleanze sarà nell’europeismo, avevate detto. E il M5S non è proprio affezionato a strasburgo. Un momento, il punto di vista – replica – è diverso. «Abbiamo unilateralmente deciso di dare una parte dei nostri voti per eleggere un questore M5S al Senato e un vicepresidente alla Camera con la logica che la responsabilità è di tutti. La corresponsabilità è la parola d’ordine di questa prima parte della legislatura». 
Roberto Speranza, così, 34 anni e capogruppo del «più grande gruppo parlamentare della storia repubblicana», come farà notare, ieri era al Quirinale, in delegazione con Bersani e il collega del Senato, Luigi Zanda. Era al Colle, lui che solo pochi giorni fa era in treno, con Vincenzo Folino – un po’ padre politico, un po’ amico, ora collega – da Potenza a Roma, per il primo ingresso in aula. Era in viaggio pure durante la telefonata di Bersani, «Roberto farò il tuo nome, voglio sia tu il capogruppo». Non se lo aspettava, dice, lui che solo pochi giorni fa era immerso nelle questioni locali, nelle contese lucane, con le amministrative alle porte, come a Pignola dove il Pd è diviso e non ha una linea unitaria. Era in giro per la Basilicata, poi gli è toccato di raggiungere il Colle. 
sa.lo.
Abbiamo deciso di dare una parte dei nostri voti per un questore M5S al Senato e un vicepresidente alla Cameraper corresponsabilità

CON tutta probabilità Massimo Franco e Andrea Malaguti non potevano sapere che lo stavano involontariamente stuzzicando su un suo cavallo di battaglia. L’asticella – dicevano i due giornalisti ospiti di 8 e Mezzo – è Grillo che la sta alzando in continuazione, verso l’elettorato, verso i propri eletti. Non potevano sapere che Roberto Speranza – ospite ieri sera alla trasmissione di Lilli Gruber – di quel termine aveva fatto in casa lucana un punto di non ritorno, quando il Pd di Basilicata si stava confrontando con una crisi senza precedenti e la voglia di cambiamento. 

«Giovane è giovane, ma già bello navigato», ché per due volte comincia a raccontare senza dire e alla domanda sulla proposta fatta in delegazione al capo dello Stato non dà segni di cedimento. «Avete proposto un governo Bersani?». Niente, al punto non si arriva. Ma lui Roberto, 34 anni e nuovo capogruppo del Pd alla Camera («Entrato in parlamento, venerdì scorso, mi si è fermato il fiato. E’ un onore per me rappresentare le istituzioni») sa come spiegarla. Troppo delicato il momento, con Giorgio Napolitano che ha chiesto qualche ora di tempo per riordinare le idee e poi decidere a chi conferire il mandato. E Roberto è della scuola che non irrompe. 
Così spiega, non è certo strategia. Chi lo conosce sa che non è un modo di fare dell’ultima ora, istituzionale (troppo o no, dipende da chi commenta) lo è da sempre. Anche quando attacca il Pdl – lo ha fatto ieri sera in trasmissione sulla mancata modifica della legge elettorale prima delle elezioni – non affonda, non nei toni.Ma presidente Speranza, questa continua apertura ai grillini, non contraddice un po’ gli impegni che avevate preso? Il discrimine delle alleanze sarà nell’europeismo, avevate detto. E il M5S non è proprio affezionato a strasburgo. 
Un momento, il punto di vista – replica – è diverso. «Abbiamo unilateralmente deciso di dare una parte dei nostri voti per eleggere un questore M5S al Senato e un vicepresidente alla Camera con la logica che la responsabilità è di tutti. La corresponsabilità è la parola d’ordine di questa prima parte della legislatura». Roberto Speranza, così, 34 anni e capogruppo del «più grande gruppo parlamentare della storia repubblicana», come farà notare, ieri era al Quirinale, in delegazione con Bersani e il collega del Senato, Luigi Zanda. 
Era al Colle, lui che solo pochi giorni fa era in treno, con Vincenzo Folino – un po’ padre politico, un po’ amico, ora collega – da Potenza a Roma, per il primo ingresso in aula. Era in viaggio pure durante la telefonata di Bersani, «Roberto farò il tuo nome, voglio sia tu il capogruppo». 
Non se lo aspettava, dice, lui che solo pochi giorni fa era immerso nelle questioni locali, nelle contese lucane, con le amministrative alle porte, come a Pignola dove il Pd è diviso e non ha una linea unitaria. Era in giro per la Basilicata, poi gli è toccato di raggiungere il Colle. 

 

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