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IL Dirigente generale del Consiglio regionale di Basilicata espone che il Sig. Leo Amato, in qualità di giornalista, ha verbalmente inoltrato richiesta di accesso ai rendiconti, alle fatture ed ai contratti giustificativi dei rimborsi per le spese di segreteria e di rappresentanza previsti dall’art. 11 della legge regionale n. 8 del 1998. 
A seguito del diniego il Sig. Amato ha autonomamente inoltrato la richiesta a tutti i Consiglieri regionali ed agli Assessori esterni della Giunta; poiché solo 14 dei 33 Consiglieri ed Assessori hanno fornito risposta positiva, l’interessato ha successivamente presentato all’Amministrazione richiesta di accesso ai suddetti atti e documenti, al dichiarato scopo di condurre una indagine giornalistica. 
Ciò premesso l’esponente, dopo aver sottolineato che nel sito del Consiglio regionale è stata pubblicata parte della documentazione richiesta (in attesa della approvazione del regolamento che disciplina le modalità di accesso), esprime le proprie perplessità sull’ostensibilità di quanto richiesto perché si chiede di disporre di documentazione di natura privata (scontrini fiscali, fatture, bollette, etc) che l’Amministrazione possiede solo in copia e di cui gli unici titolari sono i Consiglieri e gli Assessori, che peraltro hanno l’obbligo di conservare gli originali per tutta la durata della legislatura. 
Dopo aver richiamato i principi giurisprudenziali in materia di diritto di accesso e di legittimazione all’esercizio del diritto stesso, l’esponente chiede se un giornalista possa accedere agli atti ed alla documentazione in questione al solo fine di condurre una inchiesta giornalistica; se la richiesta nei termini in cui è stata formulata, non debba considerarsi generica e comunque lesiva del diritto alla riservatezza dei controinteressati che non abbiano prestato il loro assenso; se, ritenuto sussistente il diritto di accesso, ne debba essere cnsentita la sola visione o anche l’estrazione di copia. 
Non vi è dubbio che l’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi da parte di un giornalista possa collidere, per più di un motivo, con le esigenze del diritto alla riservatezza degli eventuali controinteressati. 
Nel tentativo di contemperare tali opposte esigenze, in mancanza di una più precisa disciplina nell’attuale configurazione normativa che regola il diritto di accesso, già nell’ormai lontano 1996 il Consiglio di Stato (cfr. sentenza VI Sez., 06.05.1996, n. 570) ebbe ad affermare che una testata giornalistica ha titolo di accedere ai documenti amministrativi per poterli successivamente pubblicare onde informare i propri lettori; ciò in quanto il diritto di accesso si presenta come strumentale rispetto alla libertà d’informazione, costituzionalmente riconosciuta agli organi di stampa, con la conseguenza che occorre riconoscere alla testata giornalistica una posizione qualificata e differenziata alla conoscenza degli atti che possano interessare i propri lettori. 
Nella scia di tali affermazioni la successiva giurisprudenza (anche di questa commissione, cfr. parere 27 febbraio 2003) ha avuto modo di precisare che dopo l’entrata in vigore della legge 31 dicembre 1996, n. 675, il diritto di accesso esercitato da organi di stampa avente ad oggetto documenti amministrativi contenenti dati personali sensibili relativi a terzi, prevale su quello alla riservatezza soltanto nel caso in cui una espressa disposizione di legge consenta al soggetto pubblico di comunicare a privati i dati i dati oggetto della richiesta. 
Successivamente, alla luce del disposto dell’art. 16, 2° comma del Dlgs. 11 maggio 1999, n. 135 è stato precisato che l’accesso a documenti amministrativi contenenti dati sensibili è possibile soltanto nel caso in cui il diritto da far valere o difendere sia al rango almeno pari a quello dei soggetti a cui si riferiscono i dati stessi, nel senso che la prevalenza del diritto di accesso o del diritto alla riservatezza va effettuata caso per caso valutando, oltre che il rango dell’uno o dell’altro diritto, anche il rispettivo grado di compromissione che discenderebbe dalla soluzione adottata in concreto (Cons. Stato, VI, 30 marzo 2001, n. 1882). 
La tesi della ponderazione comparativa del diritto di accesso e del diritto alla riservatezza merita senz’altro di essere condivisa, perché in realtà è idonea ad evitare soluzioni precostituite poggianti su una astratta scala gerarchica dei diritti in contesa ed a tener conte delle specifiche circostanze di fatto destinate a connotare il caso concreto (cfr. sentenza di ultimo citata). 
Alla luce delle suesposte considerazioni, da una parte non può revocarsi in dubbio che gli atti, i rendiconti e la documentazione giustificativa delle spese relative al rimborso spese di rappresentanza e di segreteria costituiscano documentazione amministrativa detenuta dall’Amministrazione ai sensi della legge n. 241 del 1990, dall’altra è da escludersi che tali documenti contengano dati sensibili ai sensi della legge 31.12.1996, n. 675.  Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la suddetta documentazione contenga dati “semisensibili” e che quindi va effettuata una valutazione comparativa analoga a quella prescritta dal citato art. 16, 2° comma, del D.lgs. 11.05.1999, deve concludersi che il diritto di cronaca è di rango costituzionale ragion per cui l’art. 12 del D.lgs. 13.05.1998, n. 171 ha previsto che le disposizioni relative al consenso dell’interessato o all’autorizzazione del Garante non si applicano quando il trattamento dei dati sensibili è effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità. 
Deve essere infine sottolineato che nel caso in esame la richiesta di accesso, per come è stata formulata, non risulta affatto generica e comunque l’accesso deve essere consentito in maniera integrale e non solo mediate presa visione. 
Il Presidente

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