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POTENZA – Prima sugli scenari nazionali: «E’ stato un voto amministrativo con un risultato anche insperato e soprattutto ha fugato i rischi che molti prospettavano secondo cui il governo delle larghe intese avrebbe prodotto un disastro elettorale. Non è stato così e per me è una buona notizia». Poi le questioni più locali: «Aspettiamo che Speranza decida. Rimane lui la migliore scelta per le regionali». Parla in una fase delicata per il futuro del Pd lucano, il senatore e leader della componente Franceschini in Basilicata, Salvatore Margiotta.

Poteva andare peggio alle comunali?

«Si rischiava un allontanamento del nostro elettorato. Questo non è accaduto. Certamente il fatto che prendiamo ottime percentuali dipende anche dall’astensionismo che è un dato negativo e quindi avendo votato meno italiani  ne ha probabilmente beneficiato un partito strutturato e presente nei territori come il nostro».

E’ passata la “nottata”?

«No. Sarebbe sbagliato esultare e pensare che i problemi del Pd siano risolti. Ancora più sbagliato sarebbe pensarlo in Basilicata. Per quanto riguarda il dato nazionale, io penso che dopo i numerosi errori che si sono vissuti a partire da dicembre in poi che hanno portato addirittura alle dimissioni di Bersani, il Partito democratico deve confrontarsi in un congresso vero. Se andremo a un congresso dove si sfidano soltanto i gruppi di potere, le correnti, gli apparati sul nome dell’uno o dell’altro candidato noi faremo un disastro. Se faremo invece, come io mi auspico, un congresso quasi costituente del Pd allora faremo un buon lavoro».

Ancora costituente?

«Secondo me il tema del prossimo congresso dovrebbe essere che a sei anni dalla fondazione del Pd e dopo 4 segretari nazionali bisogna capire cosa del progetto iniziale è andato bene, cosa è andato male e cosa è totalmente da rivedere. Personalmente credo che ci sia molto da rivedere. Credo sia necessario ritornare allo spirito iniziale del Pd e cioè quello che piaccia o no aveva tracciato Veltroni. Cioè un partito non identitario ma in cui la mescolanza delle culture fosse un fatto sostanziale e permanente. Su questo aspetto siamo molto indietro. E’ mancata anche  la spinta che sarebbe dovuta essere garantita dai giovani che hanno votato per la prima volta dopo la caduta del muto di Berlino. Cioè dopo la fase politica delle ideologi tradizionali».

Cosa fare?

«Per me è sconfortante vedere che la corrente più identitaria che c’è oggi all’interno del Pd è quella dei “giovani turchi” che si richiamano chiaramente a una tradizione socialdemocratica che non è quello che il Pd doveva essere. Dal mio punto di vista, insomma, bisogna riprendere il progetto veltroniano e tradurlo in concretezza».

Ma è davvero possibile immaginare un congresso costruttivo o rimarrà il solito sogno nel cassetto?

«Di certo bisogna evitare i giochi al ribasso. Vedo qualche segnale purtroppo in tal senso e cioè la possibilità che si svolga un congresso giocato solo sugli organigrammi. Se dovesse essere così sarebbe la fine del Pd. Almeno quello inteso come progetto al quale abbiamo aderito con entusiasmo e sciogliendo i nostri partiti di provenienza».

Nostalgia?

«No ma credo non bisogni mai  dimenticare che per fare questo partito abbiamo sciolto due partiti. Quindi dobbiamo essere più esigenti. Non possiamo accontentarci di quello che ci avrebbe già dato il vecchio partito. Dobbiamo puntare a qualcosa di più bello e più entusiasmante e in questo c’è molto da lavorare. Ma rimango ottimista».

E sulle regole congressuali cosa pensa?

«Dovrà essere aperto e non come le Primarie svolte qualche mese fa. Sento che si vorrebbero coinvolgere solo quelli dell’albo delle ultime Primarie. Sarebbe un errore gravissimo: è cambiato il mondo da qual momento a oggi. Bisogna aprirlo a tutti gli italiani che vogliono partecipare. Sono favorevole a diverse candidature purchè ognuna  esprima un punto di vista diverso».

Questo per il nazionale. Trasferendo i ragionamenti in Basilicata come va letto il dato del mini  test elettorale di qualche giorno fa?

«I risultati sono certamente confortanti. Il dato politico più importante secondo me è che il successo del Movimento 5 stelle non si trasferisce dalle politiche alle comunali. Non è stato così da nessuna parte d’Italia e nemmeno in Basilicata. Ovviamente sarebbe errato pensare che il fenomeno si sia concluso. Ovviamente si può ritenere che come per le comunali anche per le prossime regionali il risultato del Movimento 5 stelle sarà molto inferiore a quello delle politiche. Un altro dato che emerge è la debolezza del Pdl. Una debolezza che si aspettava anche alle politiche ma che poi è stata sovvertita dalla bravura eccezionale di Berlusconi in  campagna elettorale. Ma questo elemento alle elezioni regionali sarà meno incisivo. Il Pdl nelle amministrative si sgonfia».

E quindi in definitiva?

«Insomma quello che sembra emergere è che c’è un solo partito forte in Basilicata: il Pd. Questo deve farci tirare un giusto sospiro di sollievo; sono convinto che le gioie vanno vissute. Ma dall’altro lato non possiamo pensare che tutto sia risolto. Dobbiamo continuare a essere consapevoli che noi stiamo vivendo la crisi politica più forte in Lucania da sempre. Non era mai successo che ci fosse lo scioglimento del Consiglio regionale. E le vicende che hanno prodotto il gesto secondo me generoso, coraggioso e forte del presidente della giunta, Vito De Filippo lasciano il segno nella coscienza dei lucani. Il Pd deve quindi attrezzare nei prossimi mesi una azione politica credibile che possa far pensare ai lucani che meritiamo ancora il loro voto. Nonostante le incongruenze di cui anche il Pd insieme agli altri partiti è stato fautore».

Ma queste ultime vittorie non possono nascondere il rischio di far immaginare che il rinnovamento possa essere rinviato ancora di un pò?

«Sarebbe un errore totale. Questa vittoria in Basilicata, mostra seppur con alcune contraddizioni  in comuni dove ci sono state spaccature – non c’è solo il caso Pignola ma c’è il caso di Atella, di Ripacandida –  che se pensassimo che il “malato” è guarito darebbe disastroso. Certo il malato ha dimostrato di essere lontano dal morire ma per portarlo a una guarigione completa serve un bagno di reale dibattito con una sana voglia di ricominciare da capo. Mettendo in campo anche  protagonismi nuovi per creare entusiasmo e alzare il livello del dibattito. Non dobbiamo rassegnarci a un dibattito mediocre tutto appiattito sugli organigrammi. 

In Basilicata però c’è una doppia strettoia: le regionali e il congresso. Come ci si salva?

«E’ un tema complesso. Intanto bisogna attendere il 4 giugno per capire quale sarà la data del congresso nazionale e se sarà accoppiato con i congressi regionali. Se così fosse c’è il rischio che il congresso regionale sia a ridosso nel mese di novembre alle elezioni per la Regione. In tal caso sarebbe utile ragionare nel come celebrare un congresso a ridosso di una campagna elettorale così importante. Intanto su questo c’è da aspettare le date ufficiali prima di sbilanciarsi su ipotesi e analisi».

Ma sulle regionali i discorsi sono già avanzati…

«Condivido molto quanto dichiarato da Marcello Pittella che la soluzione migliore per il Pd di Basilicata e per la Basilicata si incarni nella candidatura di Roberto Speranza per la presidenza della giunta regionale. Non solo perchè è espressione politica di vertice nazionale ed è il segretario regionale, ma anche perchè le sue capacità di mediazione tra le varie anime del partito e la sua capacità di giovane di parlare ai più giovani potrebbero essere enfatizzate in positivo da questa campagna elettorale. Insomma se il candidato sarà Speranza noi siamo con lui, senza Primarie». 

Il meno entusiasta di questa soluzione forse però è lo stesso Speranza…

«Ci sta riflettendo con grande senso di responsabilità ed è giusto perchè è una decisione collettiva, ma anche individuale e deve tener conto anche del ruolo che svolge e magari anche di quelli più importanti a livello nazionale che potrà svolgere. Ruoli che fanno bene all’intero Pd di Basilicata. Credo che sia giusto però che lui faccia le sue valutazioni nei tempi che riterrà, ma mi auguro che non siano tempi lunghissimi perchè entro giugno dobbiamo necessariamente avere le idee più chiare».

Ma se Speranza si tirasse fuori dalla contesa regionale?

«Credo che bisognerebbe comunque cercare una candidatura unificante. Tutte quelle che sento – che pure sono legittime – possono trovare una ratifica solo attraverso le Primarie. E non sono contrario a questa eventualità.  Anzi penso che sia l’unica via possibile se non ci fosse la strada Speranza o se non si trovasse un’altra candidatura autorevole e unificante».

Ma ce ne sono?

«Sinceramente al momento non ne vedo. Non è un mistero che io avrei visto bene un De Filippo ter. Ma mi rendo conto che ha ragione lui quando dice che questo indebolirebbe la portata dell’atto forte che egli stesso ha compiuto dimettendosi e dicendo quindi ai lucani che siamo pronti a ripartire. E’ evidente dal suo punto di vista che sarebbe meglio ripartire con altri protagonisti. Ma continuo a credere che solo la sua candidatura sarebbe l’altra possibilità unificante. Tutte le altre soluzioni vanno discusse insieme».

Ma lei è sempre pronto ad affrontare le Primarie per la scelta del candidato governatore?

«Se ci fosse una competizione aperta tra più candidati e l’area del partito che tradizionalmente mi è più vicina ritenesse di chiedermelo  non mi tirerei indietro. Ma è l’ultima soluzione possibile».

Non si rischierebbe una sorta di duello finale tra ex Ds ed ex Margherita?

«E’ un rischio che dovremmo provare a superare. Io aderisco a una componente che si chiama Area democratica che ha l’ambizione di essere l’unica nella quale c’è mescolanza vera. E’ composta a metà tra ex dei Ds ed ex della Margherita ed è guidata da Franceschini e Fassino. E quindi so bene quanto sia importante non ripetere gli scontri del passato ma non c’è dubbio che si pone un problema di equilibrio politico. Non voglio enfatizzare ma mi pare evidente che nel momento in cui il capogruppo alla Camera è Speranza e il viceministro all’Interno è Bubbico, entrambi di una precisa sotto area bersaniana, pensare che a queste due posizioni si sommi anche una terza e cioè la presidenza della Regione sarebbe un’operazione ardita. Poi tutto si può fare e certe operazioni politiche si possono equilibrare in mille modi, ma non c’è dubbio che sarebbe meglio cercare un equilibrio e non manifestare all’esterno l’immagine di un Pd monocorde. Saremmo un errore e non rappresenteremmo la società lucana».

E’ un no preventivo a Lacorazza e Folino?

«Non me la sento oggi di dire un no netto. Me la sento di dire che bisogna tener conto di tutti gli aspetti. E su questi nomi mi pare che ci sia una difficoltà in più rispetto ad altri. Poi, ripeto, in politica si può superare tutto, ma certo è un tema sul tappeto. Un tema che non può essere ignorato».

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