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POTENZA – Con il senno di poi chi commenta la sentenza della Corte Costituzionale lo fa per dire che si tratta di una conferma: la moratoria lucana al petrolio è stata un bluff.

Una mossa tattica e a sorpresa del presidente De Filippo, per guadagnare consenso elettorale, quando ancora non poteva immaginare che si sarebbe trasformato in un boomerang, per di più giunto in piena campagna elettorale.

A parte l’associazione ambientalista Ola che rivendica un «noi lo avevamo detto dall’inizio», salgono ora sul carro di coloro che danno addosso al governatore anche alcuni esponenti dell’opposizione.

A partire dal consigliere Rosa che dal pulpito di Fratelli d’Italia, con il nuovo alleato di Grande Sud, Gianfranco Blasi, accusa di schizofrenia politica e programmatica sia il governatore De Filippo, che il senatore del suo ex partito Guido Viceconte.

Entrambi “colpevoli” di aver prima sancito il sì al petrolio, in cambio di più sviluppo, attraverso il Memorandum del 2011, sulla base di un modello che ha anticipato le attualissime larghe intese. Per poi fare un passo indietro, solo un anno dopo, con lo stop alle estrazioni deciso in Consiglio da Pd e Pdl. E’ chiaro che il tema si presta benissimo alla campagna elettorale, accelerata negli ultimi giorni  dall’ufficializzazione della data del voto per novembre. Ma quando il consigliere afferma questo, evidentemente dimentica di non potersi chiamare fuori da quel sistema che addita come poco credibile, con una visione strategica del futuro petrolifero lucano quanto meno ambiguo.

E’ stato il Pdl di cui ha fatto parte fino a poco prima delle politiche del 2013 a mettere il cappello insieme al Pd lucano sull’operazione Memorandum. E’ stato lui stesso a esprimere voto favorevole in Consiglio alla moratoria inserita nell’assestamento di bilancio dell’agosto scorso, votata (vale la pena ricordare) all’unanimità. 

Tacciono, invece, gli altri esponenti dell’opposizione, che l’operazione moratoria l’avrebbero politicamente compresa solo qualche giorno dopo. O meglio dopo i richiami giunti direttamente dal generale Viceconte.

Come il consigliere Nicola Pagliuca che, a distanza di un mese e dopo la pausa estiva, faceva ufficiale dietro front, dichiarando che il suo gruppo era perfettamente consapevole del fatto che la trovata defilippiana fosse stata un bluff ma che aveva trovato il loro voto favorevole solo per capire dove veramente il governatore volesse arrivare.

Tacciono  i big dell’opposizione. I parlamentari lucani  Viceconte e Latronico  ignorano la notizia e preferiscono puntare sull’incontro romano con la segreteria del ministro Lupi, per parlare di  infrastrutture del Mezzogiorno.

Il Movimento 5 Stelle, l’unico in questo momento a potersi permettere di cavalcare l’onda del dissenso, si affida a un commento sulla bacheca della deputata  Mirella Liuzzi: «La sceneggiata lucana bocciata dalla Corte Costituzionale».

Ma a voler misurare l’effetto della sonora sconfitta lucana  in termini di equilibri politici,  e in vista del voto di novembre, ancora una volta, è soprattutto in casa Pd che bisogna guardare.

Era stato l’ex presidente del Consiglio regionale, Vincenzo Folino, (anche lui firmatario della moratoria) a portare avanti l’attacco più duro alla linea del compagno di partito e alter ego istituzionale, Vito De Filippo.

Dalle colonne del “Quotidiano” il deputato spiegava in dieci punti i motivi della propria contrarietà alle ultime mosse del governatore in fatto di petrolio.

Al secondo punto di quel documento si leggeva la conclusione a cui De Filippo sarebbe arrivato mesi dopo, a seguito della sentenza della Consulta: «Siamo tutti d’accordo che non si può fare della Basilicata una “gruviera”. Proprio per questo – scriveva Folino – la Giunta regionale dovrebbe negare l’intesa su ogni singolo procedimento utilizzando tutti gli argomenti di merito possibili e tutti gli strumenti amministrativi disponibili, a partire dalle procedure di valutazione di impatto ambientale, costruendo in tal modo atti robusti ed inattaccabili sul piano giuridico».

L’ex presidente del Consiglio obiettava le ragioni di chi faceva notare una contraddizione tra le linea del Memorandum, «quella per cui lo stesso governatore ha sempre mostrato entusiasmo», e la scelta improvvisa di far passare attraverso una legge regionale l’opposizione a nuove estrazioni in Basilicata.

La posizione molta critica dell’ex presidente del Consiglio – che disse chiaramente di non aver condiviso alcune affermazione del presidente e di considerare la moratoria come qualcosa che avrebbe finito per nuocere alla Basilicata – segnò un’ulteriore profonda frattura tra i due più potenti politici lucani.

Un “affronto” che De Filippo non avrebbe dimenticato, menzionandolo anche tra quei veleni interni ampiamente rendicontati nella relazione al Consiglio sulle sue dimissioni, quando ha fatto riferimento a quei tentativi di delegittimare anche un’operazione buona  come quella del memorandum.

La decisione  della Consulta è destinata a diventare un delicatissimo tassello da aggiungere al puzzle dei complicati rapporti tra i due. Caso ha voluto che nello stesso giorno in cui veniva depositata la sentenza che sancisce la sconfitta della linea defilippiana, la commissione Attività produttive di cui fa parte il deputato Folino portasse avanti le ragioni lucane a Roma. Tutto questo avrà un peso.

E anche all’ombra della moratoria si determineranno i delicati giochi di potere.

m.labanca@luedi.it

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