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POTENZA – Quello che è stato. Regione: tra 4 mesi sarà tutta un’altra storia. Si voterà per il rinnovo dell’amministrazione regionale e già il giorno dopo  la legislatura in corso -che stancamente si sta trascinando verso la fine – sarà materiale d’archivio. Passato. Ci sarà un consiglio regionale composto per la prima volta da venti consiglieri e non più da trenta. Ci sarà un nuovo  governatore lucano dopo otto anni di regno defilippiano (a meno che il presidente uscente Vito De Filippo non dovesse ricandidarsi) e ci sarà una maggioranza  in ogni caso diversa (anche se dovesse rivincere la coalizione del Pd non sarebbe comunque il centrosinistra del 2010) e ci saranno molti consiglieri diversi. Alcune facce nuove.

Ma le cose sarebbero potute (dovute?) andare diversamente. Perché la prossima legislatura sarà comunque fortemente condizionata dalle “mancanze” di quella che si sta per chiudere. Le elezioni anticipate di due anni hanno, infatti, reso impossibili alcune novità che fino a qualche mese fa venivano presentate come indispensabili e improcrastinabili.

Su tutto la riforma della Statuto regionale. Non una riforma di poco conto. La Basilicata è l’unico ente regionale d’Italia che ha le stesse regole e leggi degli anni ‘70. Cioè da quando è stata istituita. Le altre regioni sono riuscite a rinnovarsi. A diventare più moderne. La Basilicata no, nonostante negli ultimi 15 anni ci siano state sempre maggioranza di governo molto ampie. E nonostante si fossero impegnati in prima persona i vari Bubbico, Antezza, Folino e per ultimo Santochirico.

A dire il vero, negli ultimi mesi c’era stata un’accelerazione. Il Consiglio regionale lucano pareva in condizioni di poter approvare il nuovo Statuto entro l’anno. Di ciò avrebbe beneficiato il funzionamento tecnico, burocratico e amministrativo dello stesso ente. Perché in oltre 40 anni il contesto sociale, politico ed economico si è modificato in maniera netta. Non le leggi che regolano la vita del massimo ente istituzionale. Quelle sono le stesse del ‘71 perché lo scioglimento anticipato rende impossibile l’approvazione del nuovo Statuto. E quindi anche nella prossima legislatura le regole saranno vetuste. E con esse anche la legge elettorale che fa parte dello Statuto e quindi il 17 e 18 novembre si voterà ancora con il vecchio metodo e ci sarà ancora il tanto criticato (ma che poi tanto fa comodo ai partiti) Listino. Cioè quella lista di candidati che attraverso il premio di maggioranza non vengono scelti dagli elettori. In pratica si tratta di nominati. Non dovevano più esserci e invece ci saranno ancora.

Ovviamente il tema Statuto è stato derubricato immediatamente dalle considerazioni dei partiti subito dopo le dimissioni di De Filippo e lo scandalo rimborsopoli. Anche coloro che negli scorsi mesi avevano “pontificato” sul nuovo Statuto oggi fanno finta di nulla attardandosi su altre questioni. La verità è che è una macchia perché dalla primavera del 2010 (quando si è votato l’ultima volta) a oggi sono trascorsi più di tre anni. Di tempo a disposizione ce ne era in abbondanza. Ma nonostante la riforma dello Statuto fosse stata presentata come una delle priorità già dalle prime settimane della legislatura i mesi sono trascorsi con riunioni, bozze, approfondimenti e discussioni infinite. Tutto inutile. Da novembre prossimo ci saranno nuove maggioranze e nuovi protagonisti e quasi sicuramente si ricomincerà tutto dall’inizio.

Di nuovo si inizierà a lavorare per lo Statuto con nuove conferenze, nuove dichiarazioni, nuove discussioni. Ma di certo per ora è stata l’ennesima occasione persa. Di cambiato c’è solo il numero dei prossimi consiglieri regionali e degli assessori che saranno quattro. Ma solo grazie alle disposizioni nazionali e alle scelte del governo Monti. Il resto è tutto invariato. Nemmeno il tema della doppia preferenza è stato discusso. Insomma per vedere un ente regione più moderno c’è da sperare nella prossima legislatura. Da sperare. 

s.santoro@luedi.it

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