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MATERA – “Rompere la bolla di indifferenza che alimenta il risvolto antiumano della globalizzazione”: l’omelia di Papa Francesco non può non aver commosso e coinvolto in un sentimento di fraternità chiunque l’abbia ascoltata dagli schermi televisivi o direttamente vissuta a Lampedusa al confine fra i due emisferi i quali si esprimono in maniera radicale le due domande dell’umanità.

Da una parte l’istanza di un orizzonte che vada oltre la bolla di benessere, di un “oltre” cui sono chiamate le speranze sia cristiana che laica, dall’altra la spinta verso un”oltre” che rompa la coltre di ingiustizie, di violenze, di miserie e realizzi il pieno di una umanità libera e pacificata.

Ne traggo l’occasione per sottolineare come la riflessione del Papa chiami la politica al recupero dei fondamenti della sua impresa in un tempo che pare non avvertire la profondità di una crisi che va al di là delle dispute sia colte (penso alla riflessione che Antonio Calbi va elaborando partendo dal culto naturalista e civile della Terra ) sia più banali se iscritte nell’agitarsi delle schermaglie di un politicismo senza orizzonti. Pur se par di cogliere nel lavorio spontaneo di gruppi e associazioni – penso fra gli altri a “Basilicata impegno comune” – una disponibilità a costruire dal basso istanze di iniziativa civile e di rinnovamento che meritano di essere condivise.

La dilatazione di prospettiva che Papa Francesco offre a chiunque abbia avuto animo e intelligenza di ascoltarlo impone perciò che la riflessione politica raccolga la sfida di un impronta più radicale che incorpori l’essenza di un messaggio che viene da lontano,che rifiuta il politicamente corretto e che si pone come antidoto sia alla deriva nichilista che a quel relativismo che, come rileva l’ultima grande Enciclica Lumen Fidei, e il “grande oblio nel mondo contemporaneo”. E’ necessario impegnarsi nella costruzione di quadri morali e culturali più ampi, guardare oltre i confini dei nostri orizzonti domestici, osservare criticamente le curvature che economia e società, cioè le “potenze” e le strutture politiche del mondo stanno imprimendo ai valori di riferimento del vivere civile, quindi ai consumi,alle priorità, alle scelte di ogni ordine,per dedurne un ideale universale di vita che valga per noi e per gli altri, cioè sia per coloro che avvertono” l’infelicità”del benessere che per coloro che sentono il morso crudele e intollerabile della disperazione dal quale fuggire.

Se ci sforzassimo di guardare il mondo, di osservarlo con gli occhi di chi sa andare “oltre” e sa leggere le straordinarie parole del Papa come un obbligo di coscienza, e un appello estremo sia alla “intelligenza morale” degli uomini sia alla loro capacità di profezia sulla sopravvivenza del genere umano, credo che la politica, non solo quella che viviamo nelle angustie del nostro orto, ne trarrebbe un beneficio riprendendo a respirare a quote più alte.

Un esempio, per concludere.Alfredo Reichlin, un “testimone del tempo” che stimo molto e che ebbi modo di incrociare da un diverso versante quando entravo in politica, si sta sforzando in vista del congresso del Pd di allargare i confini di un’esplorazione cui la politica oggi viene chiamata verso un umanesimo plenario che raccolga tutte le ricchezze della riflessione sul destino degli uomini e che ridia alla politica una vista più lunga e un più un fervido carico di speranza.

E’ un lavoro che va assecondato poichè vi leggo un implicito richiamo che però meriterebbe di essere reso più esplicito, a quel più di contenuti e di valori che vengono dall’insegnamento cristiano quando non lo si riduca a pura antropologia o ad abito secolare e a costume civile.

Il cattolicesimo democratico, l’ispirazione cristiana hanno oggi più che mai un compito non di supplenza ma di diretta e dirompente responsabilità. A patto che intendiamo assumerla mettendo da parte ipocrisie e sciocche presunzioni. Perciò ognuno, mettendo fra parentesi ogni nobile esperienza personale, venda il mantello e compri la spada.

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