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CARA Lucia,

sul Quotidiano di questa domenica un trafiletto in pagina politica ha attirato la mia attenzione assai più della solita bagarre spartizionista che per molti cittadini è ormai oggetto di disgusto più che di interesse. L’autore del brevissimo scritto si domandava se, dopo i giorni di fuoco di  Rimborsopoli, lo sdegno della gente sia scemato fino a mitigare “i giudizi e soprattutto il clima forcaiolo”, nonché a cancellare il dibattito su tanto scandalo. In effetti dovremmo supporre che le elezioni di novembre saranno la conseguenza del famigerato festival regionale degli scontrini, ma la vicenda defilippiana lascia molti interrogativi sulla reale causa delle dimissioni del Governatore ed ancora una volta ci suggerisce l’idea che i lucani sono l’ultima preoccupazione del partito regione.

Per questo non è difficile accorgersi che da Rimborsopoli ad oggi, lungo l’asse di un percorso cominciato già da molto tempo, non è diminuito lo sdegno, ma è aumentato il senso di sfiducia ed è scemata fino quasi ad annientarsi la speranza che si possa cambiare veramente qualcosa attraverso azioni democratiche. Le molte cose che tu stessa denunci sul tuo giornale, le troppe cose che aleggiano senza che nessuno abbia il coraggio di scriverle (visto che, tra l’altro, la querela è diventata una specie di replica attesa), ci dicono che in realtà la democrazia esiste solo nelle parole, che non tutti siamo uguali davanti alle istituzioni e che essere figlio o affiliato di un Qualcunissimo è sempre più vantaggioso che non esserlo. E allora, il dibattito lo manteniamo vivo a che pro? Per dar modo al tizio o al caio di rafforzare la propria immagine di martire inventandosi risposte potteriane? Per far sì che tutti si  dichiarino sereni e fiduciosi nella Magistratura?

O perché magari accusino i magistrati di entrare a gamba tesa nelle vicende politiche? Sta di fatto che, per quanto sia orribile a dirsi, non è la Magistratura che si appropria del ruolo della politica, ma è l’onanismo di questa nostra politica che rende necessario l’intervento della legge. La vicenda oscena dei rimborsi non poteva forse essere evitata o corretta politicamente? Ed oggi c’è davvero bisogno di aspettare assoluzioni e condanne, o non basterebbe una classe politica seria che cernesse da sé ? Sicuramente provoloni silani, parquet, week end e feste di comunione resterebbero nel setaccio senza incomodare il tribunale.

E invece mentre cotanti statisti regionali fanno a randellate tre loro (l’ambizione di ognuno, Lucia, sarebbe sacrosanta se la prima ambizione di tutti fosse il bene comune), la Magistratura ha definito la questione del dott. Carlo Gaudiano che, dopo anni di tribolazione, ha finalmente ottenuto un risarcimento economico ed attende (ancora attende!) il pieno ripristino del ruolo che gli è dovuto.

 Va ricordato che il risarcimento economico è stato ottenuto solo per via giudiziaria con il sequestro dei soldi dei ticket sanitari (cioè con il sequestro dei nostri soldi), nonostante ancora il 18 marzo scorso la IV commissione regionale, audendo il dott. Gaudiano, s’indignava dell’incredibile vicenda (creata e resa infinita dalla stessa politica), prometteva azioni e  si impegnava in risoluzioni che sono rimaste chiacchiere volanti nell’aula. Ne hai per caso sentito tu uno, uno solo dei nostri aspiranti redentori della Basilicata, dire che quelle migliaia di euro di risarcimento ( chiamiamolo così, ma un danno decennale non sarà mai risarcito del tutto) bisognerebbe che le pagasse chi ha causato il danno?

O uno che ha avuto il coraggio di dire a gran voce nomi e cognomi dei colpevoli?

Io sento (e con me molti altri) solo un insopportabile sfrigolio di aria; vedo uno struscio di J.R. lucanioti nelle vetrine nazionali ed un wrestling di compagni di partito che si affrontano sui palchi. Poi ascolto i ragazzi appena “maturi”. Quando noi avevamo la loro età, Lucia, ci proiettavamo in un domani, avevamo le idee chiare su quello che volevamo e ci mettevamo in marcia per ottenerlo; non è importante che ci siamo riusciti o meno; era importante vedersi nel futuro e credere che acciuffarlo o no dipendeva soltanto da noi.

I ragazzi di oggi non si affacciano neanche più alla finestra perché hanno paura di accorgersi che sono in un deserto; sanno che non potranno permettersi università troppo costose, che non supereranno i test senza avere un’ottima spinta e che lavoreranno a stento, se gli va bene, e non faranno carriera senza un mammasantissima alle spalle.

I ragazzi di oggi non sono solo quelli che si specializzano a spese della Regione con i soldi di papino in tasca, sono quelli resi feroci  da una competizione che in premio ha comunque il nulla, o resi indolenti dal bisogno di sopravvivere nascosti in una menzogna.

Non è scemato lo sdegno, Lucia. Non si sente perché ormai è un ultrasuono.

 

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