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POTENZA – Questa volta nessuno potrà archiviare la pratica con la solita logica del “tutto a posto”. La fiammata, seguita dal rumore e da una colonna di fumo, che i cittadini dell’area  che gravita intorno al Centro Oli di Viggiano hanno visto lo scorso sabato sera non può essere archiviata come la consueta anomalia all’impianto. Eni dovrà spiegare chiaramente cosa è accaduto. Perché nell’aria ci sono tracce di veleni in concentrazioni ben al di sopra rispetto ai valori soliti. Lo dicono le centraline dell’Agenzia regionale per l’Ambiente. 

Nelle prime ore della domenica successiva hanno registrato valori di H2S, ovvero acido solfidrico fino (o idrogeno solforato) anche trenta volte oltre la soglia fissata dalla Organizzazione mondiale della sanità. La centralina della zona industriale di Viggiano ha misurato un valore pari a 246,5 microgrammi per metro cubo. Nella stessa giornata la centralina Arpab di Costa Mulina Sud ha misurato un valore pari a 61,6 microgrammi per metro cubo. In Italia non esiste una normativa nazionale che fissi le soglie massime di H2S. Ma l’Organizzazione mondiale della sanità individua il valore massimo accettabile in  7 microgrammi per metro cubo. Lo sforamento c’è stato e anche in percentuali molto alte. 

Se si guarda la curva della variazione della sostanza  nel tempo si capisce come i due picchi registrati siano assolutamente anomali. Il vuoto della normativa nazionale non deve far pensare che l’H2S sia poco pericoloso. Al contrario si tratta di una sostanza estremamente tossica, che, in concentrazioni molto elevate (ben superiori a quelle registrate la scorsa domenica può portare anche alla morte) può provocare anche la morte. Ha l’odore tipico delle uova marce, quello che i cittadini che vivono al ridosso del Centro Oli avvertono molto spesso. L’idrogeno solforato, più di due anni fa, provocò l’intossicazione di 20 operai della Elbe Italia Sud che furono ricoverati nell’ospedale di Villa d’Agri. E sempre nella mattinata di domenica le centraline Arpab hanno registrato una forte impennata dei valori di SO2, ovvero anidride solforosa. In quantità molto superiore rispetto alla tendenza dei giorni precedenti. 

Oltre soglia anche l’ozono, se misurato rispetto al valore obiettivo per la protezione della salute umana, registrato in alte percentuali per quasi tutto il periodo di luglio, in particolare a Viggiano e Grumento Nova. Insomma, per la prima volta Arpab certifica che ci sono stati importanti sforamenti rispetto ai parametri della qualità dell’aria nella zona della Val d’Agri. La relazione del direttore generale dell’Agenzia regionale per l’Ambiente, Raffaele Vita, lo dice chiaramente. E ora Eni dovrà spiegare cosa è successo.  In verità una prima replica da parte della compagnia del cane a sei zampe è arrivata già ieri sera. In una una nota di precisazione sostiene che le concentrazioni di alcune sostanze sarebbero avvenute nella fase di riavvio delle linee presso il centro oli di Viggiano. E che sì, si sarebbero alzate rispetto ai valori consueti, «ma sono sempre state sotto i limiti di legge». Il che è vero per l’SO2: si è avuto un massimo di 266,4 microgrammi per metro cubo di media oraria, mentre il limite di legge è 350 microgrammi per metro cubo. Ma il superamento è comunque anomalo. 

A indicare che qualcosa pure deve essere accaduta. Ma soprattutto, a preoccupare sono i livelli di H2S, in alcuni casi trenta volte superiori rispetto al valore indicato dall’Organizzazione nazionale della sanità. E in proposito Eni nulla dice. Anzi, nella stessa nota, ribadisce  che «non esiste alcun rischio per la salute e nessun impatto sull’ambiente circostante». E ancora, assicura: «Durante tutta la sequenza di eventi il Centro Olio Val d’Agri ha operato in condizioni di completa sicurezza». Ma in pratica è la parola di Eni contro quella dell’Arpab. L’Agenzia ha segnalato gli sforamenti al dipartimento Ambiente della regione Basilicata e anche al prefetto di Potenza. E ora toccherà agli organi preposti al controllo capire cosa sia accaduto veramente. Il dato positivo è uno: l’implementazione del nuovo sistema di monitoraggio – per quanto non ancora completato – ha consentito di registrare gli sforamenti. 

L’Arpab ha rafforzato i controlli sul territorio aumentando il numero delle centraline già da qualche mese. Una valutazione più precisa sullo stato di attuazione e funzionamento del sistema dei controlli ambientali legato alle attività estrattive arriverà dalla Commissione ambiente della camera che martedì scorso ha annunciato una prossima missione in Basilicata. Ma questo, purtroppo, induce anche a una riflessione di segno contrario: cos’è accaduto veramente in tutti questi anni, per ogni volta che i cittadini hanno segnalato le fiammate, quando il sistema di monitoraggio Arpab aveva ancora delle forti lacune? Eni dice che le concentrazioni maggiori sono dovute al riavvio delle linea. Ma le centraline hanno misurato gli sforamenti solo a qualche ora di distanza dall’innalzamento della fiamma dell’impianto che si è verificato scorso sabato sera. Il che lascia pensare che i due fenomeni siano strettamente correlati. E forse questa volta qualche spiegarne in più su quanto è accaduto Eni dovrà fornirla.  Anche se, dal dipartamento Ambiente, avvisato degli sforamenti già da qualche giorno, una presa di posizione ancora non è arrivata.

m.labanca@luedi.it

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