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LA CORTE DI CASSAZIONE ha respinto il ricorso della Fiat contro la sentenza della Corte d’Appello di Potenza del marzo 2012 che aveva accolto le ragioni della Fiom e ordinato il reintegro sul posto di lavoro di tre operai della Sata di Melfi: Marco Pignatelli, Antonio Lamorte e Giovanni Barozzino, quest’ultimo dalle ultime elezioni senatore di Sel.

La vicenda ha avuto inizio il 7 luglio del 2010 quando la rappresentanza unitaria aziendale dello stabilimento Sata di Melfi ha proclamato uno sciopero del reparto di montaggio dall’1,45 alle 3 di notte. In tutto scioperarono in 51 lavoratori su 159 complessivi presenti sulle linee. Nel ricorso presentato in Cassazione viene spiegato che “le linee di produzione vennero bloccate dall’azienda e accanto alle linee transitano i ‘carrellinì AGV che servono al rifornimento della linea e si fermano automaticamente in presenza di ostacoli.” La produzione venne riorganizzata e alle 2 del mattino le linee vennero riavviate. In una successiva ispezione circa una quarantina di operai, aderenti allo sciopero, vennero trovati sul tragitto dei ‘carrellinì e all’invito di spostarsi tre di questi risposero di essere in assemblea. “La discussione durò 5-6 minuti – è scritto nel ricorso in Cassazione – mentre secondo quanto accertato dalla Corte la Sata sostiene che sia durata 7-10 minuti. I tre dipendenti iscritti alla Fiom vennero licenziati senza preavviso e non furono applicate sanzioni disciplinari, neanche di minore entità, nei confronti di altri operai.”

“Le considerazioni della Corte – scrivono i supremi giudici in merito alle decisioni della Corte d’appello di Potenza – sulla differenza di trattamento dei tre licenziati rispetto a tutti gli altri lavoratori, che avevano scioperato stazionando in quella medesima zona e non sono stati destinatari di una sia pur lieve sanzione disciplinare, non possono essere ritenute illogiche e immotivate e quindi tali da giustificare l’accoglimento del motivo di ricorso.” Nel ricorso presentato in Cassazione dalla Sata era sottolineato “l’illogicità” della motivazione della Corte d’appello di Potenza.

 

“La motivazione della Corte – spiegano i supremi giudici – non può dirsi insufficiente, illogica o contraddittoria, perchè anche la società riconosce, come del resto è stato acclarato dall’istruttoria, che tutti gli scioperanti, alcune decine di persone, durante l’astensione avevano stazionato a lungo nell’area di transito dei ‘carrellinì AGV e che i tre erano rimasti in quella zona solo 5-6 minuti in più per una ragione specifica, esaminata e ritenuta idonea dalla Corte a spiegare quel comportamento e comunque inidonea a giustificare il loro licenziamento in tronco.”

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