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CATANZARO – Un referendum per abrogare la riforma della geografia giudiziaria che, entrata in vigore il 13 settembre scorso, prevede il taglio di circa mille uffici giudiziari minori. A depositare oggi il quesito referendario in Cassazione sono i rappresentanti di nove Consigli regionali, tra i quali la Calabria, alla quale si affiancano anche Puglia, Basilicata, Friuli, Piemonte, Abruzzo, Liguria, Campania e Marche. L’istanza è stata presentata a seguito delle delibere votate ciascuno nella propria regione di appartenenza.

“Siamo d’accordo con il discorso della spending review – dichiara Emilio Nasuti, del Consiglio regionale d’Abruzzo (che è stata regione capofila) – ma bisogna tener conto dei bisogni del cittadino e delle particolarità del territorio. La proposta di referendum può spingere il Parlamento e il Governo a rivedere questa riforma”. L’articolo 75 della Costituzione prevede che possa essere proposto referendum attraverso la presentazione di 500mila firme raccolte tra i cittadini, oppure su proposta di almeno cinque Consigli regionali. E’ la prima volta che viene applicato il principio costituzionale relativo all’iniziativa delle Regioni. La Cassazione, ora, dovrà vagliare la legittimità del quesito. 
Pronto l’intervento degli avvocati, secondo il quale si tratta di un “segnale politico forte, il Governo non può guardare dall’altro lato”. In questo modo l’Organismo unitario dell’avvocatura definisce la decisione dei consigli regionali di chiedere la convocazione di un referendum abrogativo della legge di riforma della geografia giudiziaria, come previsto dall’articolo 75 della Costituzione. 
Nicola Marino, presidente dell’Oua, si rivolge dunque al premier Enrico Letta e al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, “nove Regioni, dal Nord al Sud, con maggioranze di destra e di sinistra e della Lega, tutte unite dalla richiesta di un referendum abrogativo di una riforma pensata male e realizzata peggio”. Il presidente dell’Oua contesta che quella della geografia giudiziaria possa essere definita una “riforma epocale” e critica le previsioni sulle ricadute economiche per il Paese.
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