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IL punto da cui partire è: «qual è la scala di priorità di questa amministrazione comunale? Possibile che un diritto sia sempre da valutare in base alle disponibilità economiche, ai bilanci?».
Serafino Rizzo è vice presidente del consiglio d’Istituto del Comprensivo “Domenico Savio” di Potenza. Ma – ci tiene a precisarlo – parla a nome di un gruppo compatto di genitori che sta provando, prima di ogni altra cosa, a scalfire una cultura. Quella per la quale si ringrazia se si ottiene qualcosa che è dovuto. «Qui il consenso – dice – si crea su dei diritti: mettono il lampione sulla strada e devo ringraziare. Per una cosa che è dovuta, per la quale io pago le tasse e mi tocca».
Stessa cosa sta accadendo a scuola, nella fattispecie alla “Domenico Savio”, la seconda scuola più popolosa della città. Qui, tra materna elementare e media, superiamo i mille alunni. E tutti (tranne i piccoli della materna) condividono «un diritto negato»: non ci sono gli spazi necessari e quindi niente educazione fisica, materia prevista per legge. Anzi, la scuola dovrebbe proprio favorire le attività motorie. Si potrebbe sopperire allora portando i ragazzi all’impianto di via Roma. Ma il trasporto chi lo paga? Di regola dovrebbe farlo il Comune che, però, non ha i soldi e così l’assessore Messina, in un incontro tenutosi lo scorso 21 novembre, ha alzato le spalle, rinviando la questione al prossimo gennaio, quando cioè dovrebbe essere aperta la nuova scuola di via Perugia.  
«Lo scorso anno – racconta Rizzo – i ragazzi sono stati senza far ginnastica fino a marzo. Allora noi genitori decidemmo di convocare un incontro con l’amministrazione comunale. Dopo quell’incontro si trovarono le risorse per il trasporto. Ad anno scolastico quasi concluso. Quest’anno allora abbiamo voluto anticipare, chiedendo all’assessore di risolvere prontamente il problema. Lui, invece, viene qui e per mezz’ora non fa altro che illustrarci la bellezza della nuova scuola. Insomma, noi lo chiamiamo per sottoporgli un preciso problema, lui risponde strumentalizzando politicamente quell’incontro. Insomma, quando si programmano le risorse in bilancio, perchè non si tiene presente che prima di tutto vanno garantiti dei diritti imprenscindibili? Possibile che non esista una scala delle priorità per la quale i diritti sacrosanti dei ragazzi devono essere garantiti prima di ogni altra cosa? Oppure noi genitori dobbiamo sempre andar lì a chiedere il favore? Prima c’è il diritto, poi vengono i soldi per la mostra». 
Se tutto andrà bene, insomma, i ragazzi della “Domenico Savio” avranno il “dono” della palestra a fine gennaio. Ma non è certo una vittoria, al contrario. E’ nuovamente la sconfitta di una politica che non riesce a programmare e garantire i diritti fondamentali, «e il fatto che l’astensionismo alle scorse elezioni regionali abbia raggiunto percentuali così alte è l’ennesima prova che c’è una sfiducia enorme nei confronti di tutto un sistema». L’educazione fisica è solo il “casus belli”: perché c’è un problema più generale di sicurezza. Per sopperire all’assenza di palestra qualche classe fa un po’ di sport nel parco Baden Powell: «Ma chi risponde se il bambino si fa male? Non è che siamo contrari, anzi da medico lo sport all’aperto lo reputo salutare. Ma se qualcuno cade e si fa male, cosa succede? E ancora, non si può pensare a una pensilina per proteggere i ragazzi che escono da un’eventuale caduta del cornicione in caso di terremoto? Sono anni che ripetiamo le stesse cose. A volte criticati anche aspramente. Questa è una città strana: parla di partecipazione, ma poi chi partecipa è guardato con insofferenza, come se invadesse impropriamente uno spazio. E succede nella scuola come nei Comitati di quartieri, belli dal punto di vista normativo, inesistenti nella realtà».
Antonella Giacummo
a.giacummo@luedi.it

IL punto da cui partire è: «qual è la scala di priorità di questa amministrazione comunale? Possibile che un diritto sia sempre da valutare in base alle disponibilità economiche, ai bilanci?».

Serafino Rizzo è vice presidente del consiglio d’Istituto del Comprensivo “Domenico Savio” di Potenza. Ma – ci tiene a precisarlo – parla a nome di un gruppo compatto di genitori che sta provando, prima di ogni altra cosa, a scalfire una cultura. 

Quella per la quale si ringrazia se si ottiene qualcosa che è dovuto. «Qui il consenso – dice – si crea su dei diritti: mettono il lampione sulla strada e devo ringraziare. Per una cosa che è dovuta, per la quale io pago le tasse e mi tocca».

Stessa cosa sta accadendo a scuola, nella fattispecie alla “Domenico Savio”, la seconda scuola più popolosa della città. Qui, tra materna elementare e media, superiamo i mille alunni. E tutti (tranne i piccoli della materna) condividono «un diritto negato»: non ci sono gli spazi necessari e quindi niente educazione fisica, materia prevista per legge. Anzi, la scuola dovrebbe proprio favorire le attività motorie. 

Si potrebbe sopperire allora portando i ragazzi all’impianto di via Roma. Ma il trasporto chi lo paga? Di regola dovrebbe farlo il Comune che, però, non ha i soldi e così l’assessore Messina, in un incontro tenutosi lo scorso 21 novembre, ha alzato le spalle, rinviando la questione al prossimo gennaio, quando cioè dovrebbe essere aperta la nuova scuola di via Perugia.  

«Lo scorso anno – racconta Rizzo – i ragazzi sono stati senza far ginnastica fino a marzo. Allora noi genitori decidemmo di convocare un incontro con l’amministrazione comunale. Dopo quell’incontro si trovarono le risorse per il trasporto. Ad anno scolastico quasi concluso. Quest’anno allora abbiamo voluto anticipare, chiedendo all’assessore di risolvere prontamente il problema. Lui, invece, viene qui e per mezz’ora non fa altro che illustrarci la bellezza della nuova scuola. Insomma, noi lo chiamiamo per sottoporgli un preciso problema, lui risponde strumentalizzando politicamente quell’incontro. Insomma, quando si programmano le risorse in bilancio, perchè non si tiene presente che prima di tutto vanno garantiti dei diritti imprenscindibili? Possibile che non esista una scala delle priorità per la quale i diritti sacrosanti dei ragazzi devono essere garantiti prima di ogni altra cosa? Oppure noi genitori dobbiamo sempre andar lì a chiedere il favore? Prima c’è il diritto, poi vengono i soldi per la mostra». 

Se tutto andrà bene, insomma, i ragazzi della “Domenico Savio” avranno il “dono” della palestra a fine gennaio. Ma non è certo una vittoria, al contrario. È nuovamente la sconfitta di una politica che non riesce a programmare e garantire i diritti fondamentali, «e il fatto che l’astensionismo alle scorse elezioni regionali abbia raggiunto percentuali così alte è l’ennesima prova che c’è una sfiducia enorme nei confronti di tutto un sistema». 

L’educazione fisica è solo il “casus belli”: perché c’è un problema più generale di sicurezza. Per sopperire all’assenza di palestra qualche classe fa un po’ di sport nel parco Baden Powell: «Ma chi risponde se il bambino si fa male? Non è che siamo contrari, anzi da medico lo sport all’aperto lo reputo salutare. Ma se qualcuno cade e si fa male, cosa succede? E ancora, non si può pensare a una pensilina per proteggere i ragazzi che escono da un’eventuale caduta del cornicione in caso di terremoto? Sono anni che ripetiamo le stesse cose. A volte criticati anche aspramente. Questa è una città strana: parla di partecipazione, ma poi chi partecipa è guardato con insofferenza, come se invadesse impropriamente uno spazio. E succede nella scuola come nei Comitati di quartieri, belli dal punto di vista normativo, inesistenti nella realtà».

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