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«LO hanno trattato come una vittima di serie B. Se fosse stato un tedesco o un poliziotto non avrebbero perso tempo per esplorare strani collegamenti e si sarebbero messi subito alla caccia dell’assassino».

Ha smesso di nascondere la sua rabbia Paolo Lorusso, di due anni più grande di Domenico, e per giunta avvocato penalista. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’arresto di un sospettato che poi si è rivelato l’ennesimo vicolo cieco. Da allora ha parlato con diversi giornali e televisioni di Monaco. Fino a ieri, quando ha accettato di rilasciare un’intervista al Quotidiano dopo la notizia sulla chiusura della commissione della polizia istituita per lavorare esclusivamente sul caso.

«Ormai è soltanto questione di salvare le apparenze. Pagano il ritardo iniziale nelle indagini e purtroppo è una cosa che si è capita subito, invece hanno continuato a dire che avrebbero messo assieme il puzzle e alla fine l’avrebbero preso. Ma così non è stato».

Ritardo in che senso?

«Mi chiedo che senso abbia avuto trattenere la ragazza di mio fratello in stazione per tre ore per interrogarla aspettando il giorno dopo per iniziare le ricerche dell’assassino? Perché impedirle di salire nell’ambulanza con lui? Se sospettavano che lei c’entrasse qualcosa poteva sentirla il giorno dopo. Ma prima, dato che erano riusciti ad arrivare sul posto in dieci minuti, avrebbero dovuto provare ad acciuffare il responsabile, sfruttando il fatto che a piedi non poteva essere andato molto lontano. Per indagare sui possibili retroscena ci sarebbe stato tempo anche dopo».

Ovvero?

«Cose che si sono rivelate subito insignificanti. Allora hanno imboccato la pista del malato di mente. Ma a questo punto mi chiedo come può essere un malato di mente chi commette un omicidio del genere e poi non fa uno sbaglio. Scompare nel nulla. Capita anche ai criminali più esperti di commettere degli errori che permettono di risalire a loro. Lui  invece no. Ha lasciato perdere la ragazza di mio fratello che aveva visto tutto ed è diventato un fantasma, il fantasma di Monaco. Per questo sono convinto che sia stato aiutato da qualcuno che gli ha consigliato come muoversi».

Non sarebbe un pazzo il killer di Domenico?

«Il suo gesto è stato folle, l’aggressione in sé e poi la fuga sono opera di una mente lucida e determinata. Io sono  convinto che non sia un pazzo il killer di mio fratello ma qualcuno animato da una forte discriminazione razziale».

Sembra un leitmotiv quello del razzismo, dall’assassinio al flop della polizia?

«C’è da aggiungere che in questi mesi anche il magistrato che coordina le indagini è cambiato. A riprova che questo è stato trattato come un caso di serie B. Guardate io non sto dicendo che non è stato fatto nulla, ma non è comprensibile che da una parte sia stata messa una taglia provando a raccogliere segnalazioni di ogni sorta e dall’altra non sia stato diffuso un identikit. Nelle prime ore in particolare si sarebbe potuto rivelare molto utile. Invece so che la ragazza di mio fratello ne ha anche disegnato uno, oltre a fornire una descrizione dell’altezza del colore dei capelli e degli abiti che indossava. Ma alla fine hanno deciso di non diffonderlo perché era troppo generico e hanno pensato che potesse ledere la privacy di chi si fosse riconosciuto».

E adesso che farete?

«Scriveremo un’altra lettera al ministro degli esteri Emma Bonino. Mio fratello lo ha già fatto ma a quanto pare non è servito. Voi che fareste se vostro fratello venisse ucciso in questo modo e poi trattato come un cittadino con qualcosa in meno degli altri?»

l.amato@luedi.it

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