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A OSSERVARE la città di Potenza dopo circa cinque anni dall’approvazione dell’ultimo Piano Urbanistico (denominato Regolamento, in sigla R.U.) si rimane davvero sconcertati. 

Tutte le menzogne raccontate e comunicate in quel periodo dall’Amministrazione Comunale e dal Consiglio tutto, unanime nell’approvarlo e respingere tutte le osservazioni più sostanziali, significative e pericolose per l’attuazione di un disegno condiviso (la distruzione e la cementificazione definitiva degli spazi ancora non edificati o non edificabili e la reiterazione dei potentati del cemento), si sono rivelate in questi anni per quello che erano: appunto, menzogne da propaganda elettorale, come quelle che ci racconta la pubblicità.
La città oggi ci sta svelando le vere strategie e i veri obiettivi di quel Piano Urbanistico, contrabbandato per un piano, persino sostenibile, concepito secondo le tecniche più innovative di pianificazione urbanistica (tra cui la famosa e abusata “perequazione urbanistica”), ma elaborato nel solco di una consolidata concezione pianificatoria puramente tecnicista ed economicista, dove numeri, indici, vani e metri cubi sono stati reclamizzati in incomprensibili tabelle e trionfalistici proclami: con tavole complesse, illeggibili o non visibili; con incontri di illustrazione di un piano già deciso, a scapito della partecipazione e della trasparenza.

L’incremento consentito dal Regolamento Urbanistico, di circa 8.650 stanze rispetto alle 4.650 stanze rinvenienti dai diritti acquisiti e dalle previsioni confermate del vecchio Piano Regolatore (facendo salvi, quindi tutti i piani particolareggiati non solo già approvati ma anche riconfermati), evidenzia non solo il carattere di Piano di questo strumento urbanistico, ma anche la concessione di elevatissimi diritti ai privati (costruttori).

Il R.U., nel far salvo tutto ciò che era già approvato o in itinere, ha previsto, mediante perequazioni (cioè compensazioni tra quantità di suoli e diritti edificatori che vengono ceduti dai privati in un’area, in cambio di altre quantità di suoli e diritti edificatori in un’altra area), altissime percentuali di cessione dei suoli da parte dell’Amministrazione Comunale, e nuove trasformazioni urbanistiche che favoriscono soprattutto i privati (costruttori) nell’acquisire diritti edificatori; concedendo loro diritti acquisiti altissimi, quindi non più contrattabili.

In definitiva si salda in continuità con il vecchio Prg, consentendo nuove costruzioni, 6.762 stanze di nuova previsione per Edilizia Privata, ed approvando interventi non chiari che favoriscono ampiamente i privati. A tal proposito conosciamo bene il livello di qualità e di legalità dei piani di lottizzazione che sono stati attuati in questi anni, strumenti al servizio delle lobby dei costruttori, per aumentare a dismisura indici edificatori e giocare in modo illegittimo con standard urbanistici già di per sé inadeguati e poco garanti della qualità della vita dei cittadini. 

Intanto i sette Piani Particolareggiati, già avviati in conformità al vecchio Piano Regolatore, riciclati sotto forma di Piani Operativi nel R.U., aggiungendo alla cospicua quantità di vani già proposti dal R.U. tutti i volumi già previsti nei primi, sono in fase di realizzazione da parte di imprese private (il risultato è già evidente nella vergognosa edificazione in atto nell’area a ridosso tra la fine di via del Gallitello e quella che era la collina verso Malvaccaro-Macchia Giocoli, capitozzata e ridotta a una distesa informe di cemento, degna delle peggiori periferie-dormitorio metropolitane), in un’allarmante continuità con le prassi affaristiche che hanno contribuito a determinare la situazione urbanistica di Potenza.

Riguardo la mobilità sono stati confermati tutti gli assi e gli snodi programmati e sono stati previsti ulteriori interventi di viabilità. Tale strategia comporta in genere un aumento del traffico veicolare proporzionale alla maggiore concorrenzialità che una nuova strada comporta rispetto alla viabilità esistente. Così stiamo assistendo alla costruzione di tangenziali, assi di penetrazione, nuovi collegamenti, svincoli, gallerie, parcheggi in ogni variante tipologica: un sistema folle di intrecci caotici di infrastrutture congestionate che non solo stanno rendendo più caotica e pericolosa la circolazione, ma hanno aumentato il livello di inquinamento e degrado urbano di una città, che metropoli non è, ma ne sta assumendo tutte le caratteristiche più nefaste (nodo del Gallitello, incrocio Ospedale-Università-Macchia Romana, ad esempio). Infine è mancata del tutto la previsione di utilizzare una mobilità sostenibile ed ecologica: bus e treni elettrici ad esempio, ascensori inclinati e collegamenti meccanizzati con energie rinnovabili, per non parlare della trascuratezza nel prevedere adeguati marciapiedi, in particolare in corrispondenza di svincoli e rotatorie pericolosi e strategici, come quello in prossimità del Gallitello e quello di accesso al polo ospedaliero, vere e proprie barriere per i pedoni. 

Il sistema del verde, propagandato nella fase di approvazione del Regolamento Urbanistico, è emblematico della mascheratura mediatica attuata per nascondere o giustificare la cascata di cemento programmata. Tra le improbabili aree verdi spacciate come Parchi Urbani, ad esempio vanno evidenziate:

– il Parco della Torre Guevara, attualmente uno spiazzo recintato chiuso, cementificato e in stato di degrado, con la Torre in pessime condizioni;
– La Villa del Prefetto, chiusa da decenni, piena di rifiuti, con i viali decadenti, statue balaustre storiche e lampioni in mille pezzi, l’ingresso da via Quattro Novembre privo del cancello sostituito da un’inferriata da cantiere e utilizzato come orinatoio;

– il Parco del Vallone di Santa Lucia, costituito da due versanti scoscesi attraversati da una tangenziale. Un parco irrealizzabile, ma pubblicizzato come il nuovo polmone verde della città, mentre è rimasto un’area incolta e abbandonata, priva di alberature: riteniamola una fortunata circostanza, fino a quando non lo trasformeranno davvero in un parco, magari secondo gli stessi parametri dell’ area verde-cemento realizzata a Rione Cocuzzo (anch’essa spacciata come parco);

– il Parco del Basento, un selciato che segue un tratto di fiume contaminato da metalli pesanti e dai veleni della Ferriera; quindi una serie di improbabili aree verdi: i Parchi di S. Antonio La Macchia e Rossellino, per non parlare dell’Oasi del Lago Pantano ormai completamente circondata di cemento, anch’essa spacciata come parco al servizio della città.

Il Regolamento Urbanistico della Città di Potenza non ha previsto alcuna strategia mirata a rivitalizzare e a rafforzare il ruolo di Centro Civico e Culturale del Centro Storico, il quale piuttosto appare delineato come un non luogo, un luogo senza contesto e senza vita. Il sistema delle scale mobili e le zone a traffico limitato costituiscono soluzioni o incentivi per nulla efficaci, se non dannosi, se d’altro canto si incoraggia la concentrazioni delle attività commerciali in quel caos edilizio da “favelas”, che si chiami Gallitello o area lungo il Basento, oppure in squallidi mega-centri commerciali. Il Centro storico, in contro-tendenza rispetto a tutte le altre città italiane ed europee, sta diventando un non-luogo spettrale, dove si annidano prostituzione e disagio sociale (alcol e droga), mentre si spengono le attività commerciali e i piccoli negozi e artigiani storici. 

L’urbanistica del mattone, del cemento, degli standard e delle quantità, della premialità, della cubatura e della perequazione ha teso solo a concedere ulteriori diritti edificatori ai privati, in cambio di aree e suoli dalla dubbia utilità e qualità. 

Si sta continuando a cementificare senza alcuna esigenza reale: in una città in evidente calo demografico si continuano a issare gru e scheletri in cemento armato di pessima qualità, a fronte di una quantità innumerabile di appartamenti invenduti o in vendita a prezzi sempre più bassi. In questo modo i cittadini sono stati truffati due volte: una prima volta quando sono stati costretti ad acquistare a prezzi di mercato gonfiati ad arte; una seconda volta, ora, perché i loro (cioè quelli di noi tutti) appartamenti vengono svalutati ogni giorno. 

Ma è lecito chiedersi: se, a fronte di interi nuovi complessi edilizi invenduti, si continua a costruire e offrire a prezzi sempre più bassi, il denaro per costruire da dove proviene?

Paolo Baffari

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