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di ANTONIO NEGRO Il preavviso al Questore per una riunione in luogo pubblico è previsto da una legge vecchia e superata dal tempo e dalle moderne realtà: questa legge è il Tulps 773 del 1931, e il caso in questione riguarda l’art. 18.
Detto articolo prevede il preavviso al Questore, come sopra richiamato, ma più sotto dice anche che tale disposizione non si applica alle riunioni elettorali.
Le norme dello Stato italiano recitano che chiunque voglia tenere una riunione in luogo pubblico debba dare preavviso al questore almeno tre giorni prima (art. 18 del Tulps). Questa stessa norma non si applica alle riunioni elettorali (art. 18, ultimo comma). Per riunioni elettorali si intendono i classici comizi sulle piazze, grandi, piccole o rionali, che i partiti, o i singoli candidati o le liste, tengono nei 30 giorni che precedono la data delle votazioni.
Va da sé che, una volta eliminato il preavviso, come da legge, nulla è dovuto alle forze dell’ordine da parte dei partiti o delle liste in competizione. Essi, i partiti o le liste o i singoli candidati, hanno soltanto il compito di presentare la relativa richiesta di occupazione di suolo pubblico (la piazza) e del palco al sindaco della città o paese in cui vogliono tenere il comizio. Infatti, le competenze in materia di occupazione di suolo pubblico sono esclusive del sindaco e dell’amministrazione comunale. E potremmo dire che anche in tema di ordine pubblico le competenze sono del sindaco, ma evitiamo per non addentrarci in una materia che, pur essendo semplice, rischia di diventare complicata.
Se così è, non si capisce perché in occasione della campagna elettorale in corso, in Basilicata nessuno abbia chiesto al Prefetto, al Questore ed altri di Potenza, come mai si sia stabilito in un protocollo di uscire fuori da questo quadro normativo previsto dallo stato di diritto.
Infatti, alla luce di quanto sopra, facendo un giro sui siti delle varie prefetture d’Italia, si legge che a Potenza, per esempio, c’è una situazione che da semplice diventa forzosamente complicata in un protocollo che si discosta dall’art. 18 e dalla circolare ministeriale. Viene da chiedersi se in questo Paese vi possa mai essere certezza del diritto come in tutti gli altri paesi europei.
Nelle prefetture si tengono riunioni per questo motivo e a volte, come nel caso in questione, nel verbale si leggono cose del genere: “pur non essendo previsto dalla legge, i partiti presenti si impegnano a dare preavviso alle forze dell’ordine, rispettivamente per la città capoluogo alla questura, per i comuni in periferia al comando dei carabinieri …”
Non si capisce, qui, quale veste giuridica abbiano i rappresentanti dei partiti per modificare una norma di legge e per pretendere che le forze dell’ordine mettano a loro disposizione uomini e mezzi per prenotare i comizi, distraendoli dai loro impegni istituzionali e lavorativi. E quale diritto, o dovere, abbiano le forze dell’ordine di mettere a disposizione del desiderio di alcuni rappresentanti dei partiti i loro uomini e mezzi per cose non previste dalla legge.
Non solo, ma il semplice preavviso si trasforma subito, come per incanto, addirittura in prenotazione del comizio e, quindi, della piazza e del palco, con contestuale notizia anche al sindaco.
Da ciò si presume che la prenotazione debba avvenire presso gli uffici delle forze dell’ordine. Infatti, viene ribadito con chiarezza che anche la disdetta di un comizio deve essere fatta presso le competenti autorità di pubblica sicurezza. Sembrerebbe quasi un tentativo di militarizzare la campagna elettorale.
Tutto questo in nome di che cosa? Dell’ordine pubblico? Si vorrebbe lasciare intendere che il semplice recarsi sul comune per prenotare un comizio costituisca un problema per l’ordine pubblico?
Lo spirito e la lettera dell’art. 18 del tulps sono chiarissimi. E tutti i problemi annessi e connessi alla materia se li è posti il legislatore al momento dell’approvazione della legge che, una volta pubblicata sulla gazzetta ufficiale, non può non essere rispettata ed applicata. La campagna elettorale segna il momento più alto della libertà e della partecipazione ed è espressione della maturità democratica di un popolo. Per impedire l’accaparramento di qualche comizio in una determinata località non si può militarizzare l’intera provincia, ma si deve perseguire il singolo caso.
Il Prefetto di Potenza faccia un gesto nobile: annulli quella circolare e restituisca lo stato di diritto in questa campagna elettorale ai suoi concittadini.
negro.zurigo@alice.it

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