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ROMA – Il processo scaturito dall’operazione Infinito, che ha colpito le cosche attive in Lombardia, ha retto fino alla fine, fino alla sentenza emessa dalla VI Sezione Penale della Cassazione che ha sostanzialmente confermato quasi tutte le condanne ai 92 imputati del processo. Da molti definito il più importante processo alla ‘Ndrangheta condotto dalla Procura di Milano a carico delle ‘ndrine radicatesi in Lombardia. Solo per Rocco Coluccio, un biologo, dovrà essere rifatto il processo. Per gli altri imputati solo piccoli ritocchi di pena e di qualche imputazione. Confermato dunque il verdetto emesso della Corte d’Appello di Milano. Tutti gli imputati hanno scelto il rito abbreviato: il I Grado si è concluso nel novembre 2011 davanti al Gup di Milano Roberto Arnaldi. Gli arresti risalgono al 13 luglio 2010 quando in carcere finirono 174 indagati. Le intercettazioni a loro carico erano schiaccianti, per questo è stato scelto l’abbreviato che consente lo sconto di un terzo della pena. Tra le accuse oltre all’associazione mafiosa, anche le estorsioni, la detenzione di armi, le pressioni per ottenere appalti. 

Due società acquisite dalle ‘ndrine lombarde finite sotto processo avevano acquisito appalti per l’Expo del 2015 nel settore del movimento terra. Riconosciuti i risarcimenti per le parti civili che si sono costituite nel processo tra le quali la presidenza del Consiglio dei ministri, la Regione Lombardia e la Federazione delle Associazioni di Racket. Il verdetto di appello era stato emesso dalla Corte di Milano il 23 aprile 2013. Alcuni dei componenti di una ‘ndrina, addirittura, si riunivano al sicuro dei locali di un’associazione intitolata ai giudici Falcone e Borsellino. La maggior parte degli imputati, a quanto si è appreso, è detenuta o ha, in alcuni casi, già finito di scontare la condanna.

«La struttura del verdetto emesso in Appello dai giudici di Milano ha retto in maniera massiccia davanti al giudizio della Cassazione». Ne è convinto il sostituto procuratore generale della suprema corte Aldo Policastro alla lettura del verdetto emesso dalla VI Sezione Penale. Il Pg Policastro aveva chiesto la sostanziale conferma delle condanne. «Con la conferma sostanziale della sentenza di appello si conferma la struttura della ‘ndrangheta lombarda come un corpo autonomo rispetto alle ‘ndrine di origine che continuano a rimanere radicate in Calabria con le quali il contatto è comunque costante». 

Policastro, rispetto alla decisione prevalentemente confermativa della VI Sezione Penale, aveva chiesto un maggior numero di annullamenti con rinvio limitati a singoli reati. Sotto processo sono finite 15 ‘ndrine di Milano e dell’ hinterland milanese. In Appello la condanna più alta era stata inflitta ad Alessandro Manno ritenuto il responsabile della ‘locale’ di Pioltello, le altre condanne più severe sono per Cosimo Barranca capo della ‘locale’ di Milano, 12 anni e per Vincenzo Mandalari capo della ‘locale’ di Bollate (12 anni e 8 mesi). L’inchiesta era partita nel 2003. 154 persone erano state indagate in Lombardia e circa altrettante in Calabria.
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