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COSENZA – Gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Cosenza, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio e dal sostituto Silvia Fonte Basso, hanno eseguito l’arresto di un imprenditore campano di Avellino, M.E., 64 anni, ed il sequestro di buoni di risparmio bancari per oltre 120.000 euro a carico della figlia, M.M., di 35. 

I provvedimenti rappresentano l’esito di un’inchiesta condotta in materia di riciclaggio internazionale. Le indagini sono state avviate a seguito di una segnalazione dell’autorità giudiziaria della confederazione elvetica alla Procura di Castrovillari, relativa alla presenza su un conto corrente, intestato all’indagato ed acceso presso la filiale di Zurigo di una banca svizzera, della somma di 530 mila euro, quasi interamente riconducibile a fondi comunitari erogati in base alla Legge 488/92. Dalle attività svolte dalle Fiamme Gialle cosentine è emerso che l’ingente somma è stata indebitamente percepita da una importante società informatica che avrebbe dovuto avviare, con provvidenze pubbliche, un’attività di riproduzione di supporti video nel comune di Morano Calabro (Cs). La società era stata già oggetto, in passato, di indagini da parte della Compagnia della Guardia di Finanza di Castrovillari che aveva accertato non solo la mancata realizzazione del programma di investimento agevolato maanche che la società non era stata mai operativa e che i beni, di fatto mai acquistati, e oggetto di sovvenzioni pubbliche, non erano mai pervenuti nell’azienda. 

La Corte dei Conti, nel 2011, rilevando la sussistenza del danno erariale, aveva condannato il rappresentante legale della società, L.G., 57 anni, di Benevento, al pagamento all’erario della somma indebitamente percepita a titolo di finanziamenti pubblici. Le successive attività operative condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza hanno consentito di accertare, sulla base delle informazioni pervenute dalla magistratura elvetica, incrociate con le precedenti risultanze investigative, che l’indagato, per ostacolare l’identificazione della provenienza illecita e far perdere le tracce delle movimentazioni di denaro, aveva trasferito in Svizzera la somma dai conti della società tramite una società portoghese. 

Quest’ultima, in realtà, risultava solo formalmente fornitrice di materiale per videoregistrazione, avendo emesso numerose fatture per operazioni inesistenti con pagamenti eseguiti sul conto corrente bancario segnalato dall’autorità giudiziaria elvetica. Alcuni mesi orsono, la stessa magistratura svizzera aveva anche disposto il sequestro per equivalente di immobili, ubicati a Milano ed Avellino, stimati intorno ai 950 mila euro, sino a concorrenza delle somma erogata nel finanziamento. I fondi erano infatti riconducibili alla famiglia dell’indagato che, avuto contezza del procedimento avviato, aveva trasferito il proprio patrimonio immobiliare.

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