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OK LO confesso: il primo social sconcerto me lo ha creato tempo fa il senatore Margiotta inframmezzando tweet politici e calcistici sparati a raffica nei fine settimana; sconcerto vero ma di breve durata, giusto il tempo di capire la doppia fede e, perché no, di sperare che la richiesta di dimissioni rivolta a qualche allenatore o presidente di squadra potesse prima o poi toccare pure a Renzi. Un minimo di speranza, invece, me l’ha lasciata il sindaco De Luca, timido, timidissimo frequentatore di social, che si affaccia al mondo virtuale solo ogni tanto e con una comunicazione più o meno surgelata, da scongelare all’occorrenza senza troppi clamori.
Poi fu il tempo dei fake, strepitosi fake, a cui era concessa qualsiasi goliardia; divertenti, irriverenti, menzogneri sbugiardabili e adorabili politologi, un po’ principi, un po’ giullari, così simpatici da ingenerare il dubbio che qualcuno di loro fosse fake di se stesso lanciato in una sorta di operazione promozionale forse attuabile assai meno nei panni dell’originale.
Poi la social ebbrezza, una sorta di in vino veritas del tutto privo di mordacchia; e così cominciavano a sprecarsi le dichiarazioni pseudo ufficiali seguite da una sarabanda di smentite, di spiegazioni, di interpretazioni allegoriche e metafore borderline degne di un manuale di retorica.
Adesso siamo al caos; i profili dei nostri politici si aggirano nei social come spiriti negli antichi castelli; sbucano dagli angoli bui di qualche tweet di protesta o sui carri trionfali dei post “istituzionali”, si aggirano ondeggianti alla ricerca di proseliti e inciampano assai spesso nel chiassoso fancazzismo di certi piazzaioli che esauriscono il loro senso civico nell’elaborazione eroica di qualche fagottata di insulti più o meno originali.
Il caso ultimo (caso famoso!) del presidente Marcello Pittella, spinge ad una riflessione seria; quella sua frase incriminata pareva un guizzo (peraltro appropriato in risposta a tanto complottismo) di puro sarcasmo e invece? Invece ci raccontano che c’è un hacker? Sì, un hacker; dall’umorismo nero, ma un hacker. E così la precisazione del presidente ci fa ricredere sul suo esprit de finesse e ci spinge ad amare l’eterno ritardo del 707, visto che alla fine l’incidenza delle malattie tumorali sembra doversi interpretare come direttamente proporzionale all’efficienza dei collegamenti ferroviari. Orbene, se a certe toppe così tanto più vistose dei buchi, vogliamo aggiungerci la deriva di commentatori che, spesso ben celati sotto nomi di fantasia, organizzano tregende di ingiurie così violente da lasciare senza fiato, così prive di comprovato fondamento da creare confusione tra ragione e torto e così populisticamente scagliate contro tutti da costringerci ad ammainare qualsiasi speranza di rinascita, orbene – dicevamo- sarebbe il caso di suggerire ai nostri rappresentanti istituzionali di “desocializzarsi” così da evitare questo Encierro di Pamplona dove ognuno è libero e costretto a correre e scontrarsi con le menzogne, le offese, i solipsisti del nulla e le squadracce organizzate coi manganelli degli “impiccati”, “dimettiti”, dei “faccia di merda”. Insomma, libertà di parola non equivale a parola libera e senza freno e la democrazia va maneggiata con cura e va oltre i “mi piace” di facebook. La democrazia è cosa seria. Presidenti, senatori e similari di tutto il mondo, desocializzatevi per carità. Dateci risposte vere ed istituzionali e liberateci dagli eroi del cancelletto.

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