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DOPO lacrime (le uniche che meritano rispetto) e prese di posizioni varie il consiglio comunale di Potenza ha approvato il dissesto finanziario. Adesso si è in attesa della nomina della “troika” da parte del Ministero degli Interni che guiderà sindaco, giunta e consiglio comunale. L’attuale dissesto finanziario non equivale a quello precedente, sono il contesto, il clima culturale e politico ad essere cambiati. Sono anni che l’opinione pubblica viene bombardata dall’idea che il debito pubblico sia la vera causa della crisi economica nella quale versa l’Italia. Personalmente ritengo che la questione debito pubblico richieda un approccio diverso rispetto a quello dominante fatto di tagli lineari e di meri calcoli ragionieristici. Se non fosse chiaro ogni centesimo di euro tagliato ha effetti negativi sulla collettiva e sullo stesso sistema economico. La vera questione non è ridurre la spesa pubblica con tagli asettici ma scegliere quali spese tagliare. E quando si parla di scelte entra in gioco la politica quella a lettere maiuscole. A titolo di esempio la rivisitazione dei contratti per acquisto di beni e servizi da parte dell’amministrazione comunale come verrà gestita, secondo un criterio meramente tecnico o prevarrà quel minimo di discrezionalità politica che consentirà di opererà nel senso di una equa redistribuzione dei costi sociali? L’equità sociale dovrebbe essere il principio guida che dovrebbe ispirare tanto il governo nazionale quanto quello locale. Purtroppo, come si evince facilmente dagli atti prodotti ad ogni livello, tale principio viene sistematicamente ignorato facendo passare il prevalere di interessi forti come scelte tecniche oggettive e incontrovertibili.
In più di un’occasione è stato evidenziato come l’interesse dei cittadini, nella vicenda comunale, fosse prioritario rispetto a qualsiasi altro ragionamento. Per questo motivo il senso di responsabilità da parte del sindaco, della giunta e del consiglio comunale sarebbe stato tale solo se il dissesto fosse stato evitato. Invece a mio modesto parere sono emerse considerazioni “altre” che nulla hanno a che vedere con l’interesse dei potentini. La scelta ibrida di deliberare il dissesto finanziario e contestualmente tenere in vita gli organi politici per l’ordinaria amministrazione è una contraddizione in termini. A cosa servono degli organi politici quando di fatto l’amministrazione comunale verrà governata e indirizzata da tecnici di nomina ministeriale? A cosa serve, in questo momento, invocare l’istituzione di un capitolo di spesa nel bilancio regionale che preveda specifiche risorse per il Comune di Potenza? Entrambe le previsioni avrebbero avuto un senso politico se il dissesto finanziario fosse stato evitato. Se vogliamo dirla fino in fondo, nell’opinione pubblica quando arriveranno i primi tagli lineari si farà strada l’idea che la “casta” abbia voluto comunque salvaguardato se stessa.
A queste considerazioni se ne aggiunge un’altra non secondaria e cioè come si spiega all’opinione pubblica e agli amministratori di quelle amministrazioni, anch’esse in difficoltà finanziarie, che il Comune di Potenza dopo aver deliberato il dissesto finanziario viene soccorso dalla Regione? Di fronte a questi elementi la cosa più giusta da fare sarebbe stata sciogliere il consiglio comunale e andare, dopo i necessari tempi tecnici, alle elezioni anticipate.
Potenza, per molti versi, rappresenta in piccolo ciò che, da qualche anno, sta succedendo a livello nazionale: si invoca la politica ma di fatto a governare sono i tecnocrati i quali consentono ai politici di fare esattamente ciò che loro gli impongono. In molti, iscritti e votanti del PD, sperano che il Congresso cittadino, che dovrebbe tenersi 14 dicembre, sia un congresso vero in cui il confronto sia franco e tocchi senza reticenze e retro pensieri il tema di una politica e di un PD in dissesto più dello stesso dissesto finanziario del Comune.

*iscritto PD

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