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SEMBRA passato un secolo da quando parlavamo delle intimidazioni ai giornalisti italiani come di fatti sporadici, da quando alcuni di noi – a novembre del 2007, a Castellaneta Marina – posero al Congresso della FNSI l’esigenza di monitorare questi episodi. Avevamo degli indizi, ma neppure noi credevamo che le intimidazioni fossero molto frequenti e diffuse, come sappiamo oggi.
Oggi è pacifico, ma a quell’epoca sembrava una bestemmia dire che, con l’abuso delle querele e delle cause per diffamazione, si imponeva una censura impropria. Prevaleva inoltre l’erronea convinzione che in Italia le minacce colpissero i cronisti spericolati che osavano sfidare provocatoriamente i capi della mafia sventolando un drappo rosso sotto il loro naso. Soltanto nel 2010, quando “Ossigeno per l’Informazione”pubblicò i primi dati riassuntivi, fu evidente che le cose andavano diversamente.
L’osservatorio fu promosso da FNSI e Ordine dei Giornalisti nel 2009 e cominciò subito a raccogliere sistematicamente informazioni specifiche e a pubblicarle a getto continuo. I dati riepilogativi aggiornati di anno in anno hanno sfatato i luoghi comuni. Hanno dimostrato che: in Italia le intimidazioni hanno un ritmo quotidiano; non colpiscono solo i cronisti di mafia; si manifestano in tutte le regioni; il 40% si realizza con querele pretestuose e infondate; anche cronisti bravi, prudenti, corretti, entrano nel mirino, anzi rischiano più di altri. Nel 2010, a Bergamo, al Congresso della FNSI, questa percezione del fenomeno non era ancora acquisita e tuttora fatica a farsi strada.
E’ assurdo polemizzare con la realtà, ma ancora oggi molti lo fanno. Cambiare convinzioni radicate è faticoso, ma bisogna accettare la realtà. Oggi è doveroso ammettere che le intimidazioni ai giornalisti oscurano le informazioni di interesse pubblico come le grandi nubi nascondono i raggi del sole. Dobbiamo sapere che ormai è questa l’arma più usata dai prepotenti per bloccare le notizie sfavorevoli. Dobbiamo sapere che per i giornalisti è difficile difendersi perché devono lottare con un braccio legato dietro la schiena, a causa di leggi (in particolare quella sulla diffamazione), codici e procedure giudiziarie che rendono la loro professione una missione impossibile.
I prepotenti che voglio imbavagliare i cronisti non sono soltanto i mafiosi. Sono colletti bianchi, uomini politici, imprenditori, tutti coloro che non tollerano critiche e notizie sfavorevoli e sono in grado di fare soprusi con la forza o con azioni legali pretestuose. Le cose vanno così. É ormai accertato. Le organizzazioni internazionali lo sanno bene. Lo prova la persistente collocazione negativa dell’Italia nelle graduatorie sulla libertà di stampa.
Chi vuole i dettagli può scorrere on line su www.ossigenoinformazione.it i nomi delle vittime di questi ultimi otto anni compilato da Ossigeno: all’inizio del 2015 l’elenco contiene oltre duemilacento nomi. Questa lista è conosciuta dalla Commissione Parlamentare Antimafia, dall’Osce e da varie istituzioni europee, da Reporters Sans Frontieres, da Freedom House, dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti di New York. Finalmente si è cominciato a parlare di queste cose in tutto il mondo. Il Consiglio d’Europa sta costruendo una piattaforma di segnalazione delle minacce ai giornalisti e ha coinvolto Ossigeno insieme alla Federazione Internazionale dei Giornalisti e alla Federazione Europea dei Giornalisti.
L’allarme è alto. Le minacce ai giornalisti e le querele strumentali a scopo intimidatorio sono la nuova grave malattia che affligge la libera informazione nei paesi democratici. Bisogna aprire gli occhi e curarsi. E’ tempo che questa lotta diventi obiettivo primario della FNSI o sarà sempre più difficile difendere l’informazione di qualità e l’occupazione giornalistica professionale.

*Direttore di Ossigeno per l’Informazione e consigliere nazionale Fnsi

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