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L’EUROPA che lavora sodo e che, finalmente, comincia a mantenere le promesse. SI è svegliata da un lungo letargo e adesso ha scritto l’Agenda dei Migranti. Un programma, impegni concreti, una politica. Scioccata dalle tragedie del Mar Mediterraneo, l’Ue si è risolta a fronteggiare una delle più drammatiche priorità di questi tempi. Non sarà una passeggiata. Di fronte ad una questione epocale non si poteva che trovare un approccio duale: un’”azione immediata” perché l’’Europa “non può stare a guardare mentre la gente muore” e un impegno di lungo respiro per essere in grado di far fronte all’imponente fenomeno, possibilmente nelle condizioni migliori.
Il giorno della tragedia degli 800 migranti annegati restammo tutti attoniti e sgomenti. Ma quelle povere vittime, è terribile dirlo, hanno dato la scossa. E oggi segniamoci questa data di un giorno di maggio (il 13 porta anche fortuna), il giorno in cui si è fatta concreta quest’Agenda europea sull’Emigrazione, approvata dalla Commissione, dopo un lavoro intenso, anche duro ma appassionante, di un team di prim’ordine: l’Alto Rappresentante Federica Mogherini, il vicepresidente Frans Timmermans e il commissario Dimitris Avramopoulos. Prendiamo nota di una decisione che sino a pochi mesi fa sembrava impossibile e, invece, c’è una svolta molto ma molto incoraggiante. Le Istituzioni europee adesso hanno sul tavolo un dossier che, intanto, sottolinea due cose: l’imperativo di salvare vite umane in pericolo e la consapevolezza che “nessun Stato membro potrà essere lasciato solo nel fronteggiare il pesante flusso migratorio”.
La proposta della Commissione è senz’altro un atto di coraggio. Di coraggio politico. Juncker non ha fatto come Barroso. Juncker e il suo collegio avrebbero potuto scegliere una strada meno impegnativa e accomodante verso i governi che, in seno al Consiglio, hanno il potere di decidere. Invece Juncker ha operato politicamente e ha deciso di sfruttare, con abilità giuridica, i meccanismi legislativi offerti dal Trattato di Lisbona. In altre contingenze non sarebbe stato possibile proporre agli Stati membri, anche più recalcitranti, di aumentare di tre volte i fondi per l’operazione Fronte – al fine di “ristabilire il livello fornito da Mare Nostrum” – di addossarsi una parte proporzionale di onere sull’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo e che riguarderà anche 20 mila persone bisognose di protezione internazionale. Insieme alla più complessa iniziativa di individuazione e smantellamento delle unità dei trafficanti che avrà bisogno di un sostegno di legalità internazionale.
Le azioni immediate costituiscono la premessa di uno sguardo dell’Ue verso orizzonti ben più ampi e importanti. L’esecutivo comunitario, così come gli è stato chiesto dal Consiglio straordinario dei capi di Stato e di governo, ha individuato quattro pilastri per una nuova politica d’immigrazione: dalla riduzione degli incentivi di cui gode l’immigrazione irregolare a un controllo dei confini aiutando anche i Paesi terzi in quest’azione, attivando una “forte politica comune” per l’asilo e una nuova politica per l’immigrazione legale, di cui l’intera Europa ha bisogno, quantomeno per mitigare il costante declino demografico. Questa Agenda, in altri termini, prova a conciliare, nella risposta europea, le politiche interne degli Stati membri con quelle esterne, chiamando a raccolta tutti gli attori principali: i governi, le istituzioni comunitarie, le organizzazioni internazionali. le autorità regionali e dei Paesi terzi.
Si tratta di un passaggio storico? Io credo di sì anche se il percorso è irto di ostacoli. Ci sono dei passaggi istituzionali decisivi. Il coraggio della Commissione, specie nella proposta delle quote obbligatorie di migranti per nazione, tra poco passerà al vaglio del Consiglio dei ministri e, in ultima analisi del Consiglio europeo di giugno e del Parlamento europeo. Per quanto ci riguarda, noi abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo insistito sulla necessità di una svolta netta e abbiamo lavorato per costruire in seno all’assemblea elettiva un consenso molto largo su una risoluzione che, da un punto di vista politico, ha molto aiutato la Commissione ad assumere questa iniziativa. Se posso dirlo, forse questa è la prima volta in cui appare rilevante la sinergia positiva che può realizzarsi tra Commissione e Parlamento. In un recente passato, non è stato possibile, per via di una concezione di sudditanza dell’esecutivo nei riguardi del Consiglio. Aver conseguito questo risultato, grazie anche alle modifiche istituzionali inserite nei Trattati e all’accordo politico che ha dato vita alla Commissione Juncker, costituisce un fatto di significativa rilevanza. Se questo schema reggerà anche su altre importanti politiche, l’Europa ed i popoli ne guadagneranno.

*Presidente Gruppo Pse al Parlamento europeo

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