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NON sorprende l’ennesimo rinvio degli stati generali del PD lucano. Continuare a parlare dell’immobilismo a cui si è legato da tempo è come sparare sulla Croce Rossa.
La cosa grave è che la incapacità della politica ed in particolare del Pd, il partito regione, viene pagata a caro prezzo dall’economia, dalle famiglie, dalle nuove generazioni, avanti ad una regione che ha certamente risorse superiori ai suoi fabbisogni, ma che non riesce a valorizzarle, condizionata com’è dal modello di potere predatorio costruito dalla sua classe dirigente che comprende la politica, i sindacati, i ceti professionali, la burocrazia ripiegata nella sua servitù volontaria.
Il modello si caratterizza per un quarto di popolazione che vive di privilegi, di rendite di posizione, di parassitismo , di sopraffazioni acquisite con misure clientelari ed assistenziali e per il restante tre quarti che fatica ad arrivare a fine mese, che deve configurarsi come suddito per ottenere diritti che gli vengono parzialmente dati in cambio di consenso al potere dominante che ripeto si annida negli attori sociali citati prima, tutti, nessuno escluso.
Ma l’immobilismo, il rinvio della convocazione degli organi di partito dipendono anche dalle decisioni che saranno prese a Roma sulla riforma del senato: se Renzi vincerà, molto probabilmente qualcuno della minoranza uscirà dal partito, qualche altro della sinistra ci accuccerà sotto Renzi e qui sotto Pittella che Luongo in una intervista ha definito “il sovrano”, tentando di ottenere una riconferma nella poltrona che occupa attualmente. Se Renzi sarà sfiduciato, il quadro dei riposizionamenti sarà ancora più convulso, avanti al rischio molto probabile delle elezioni anticipate.
Nel frattempo, in Basilicata il nostro presidente continuerà a fare il bello ed il cattivo tempo, promettendo a destra ed a manca fondi per iniziative improbabili: non c’è nosocomio che il presidente visiti, a cui non prometta soldi, non c’è momento in materia di petrolio in cui il Nostro non dia ragione all’una (gli ambientalisti) o all’altra fazione (i lavoratori ed imprenditori dell’Eni e del suo indotto).
E lo farà, potendo contare sui suoi yesman presenti in Giunta che ovviamente si guardano bene dal tirar fuori uno straccio di idea su come uscire dalla crisi devastante in atto da lungo periodo, limitandosi a mettere il ciuccio dove vuole il padrone.
L’assessore al lavoro non si pone il tema della emergenza occupazione e non fa l’unica cosa che potrebbe legittimare la sua cospicua indennità, ossia il piano del lavoro che la regione non riesce a darsi da 17 anni.
Non lo vara nonostante nei suoi cassetti ci siano tutti gli elementi preparatori messi in atto a suo tempo dall’ ass. Viti. Potrebbe licenziarlo in un mese e dare finalmente un disegno, una strategia al mercato del lavoro, mezzi adeguati per implementarlo, uscendo dalla palude in cui si trovano le misure della formazione professionale,degli ammortizzatori sociale, delle aree assistenziali.
Non lo fa non solo perché non ne concepisce la portata innovativa, ma anche perché non riceve stimoli in questo senso da parte dei sindacati e delle imprese. Fare il piano significa sciogliere il nodo della forestazione produttiva, porsi il tema di creare nuova occupazione per i percettori degli ammortizzatori sociali, rivedere i criteri di incentivazione delle imprese, affrontare il tema degli strumenti di sostegno delle imprese , come Basilicata innovazione, sviluppo Basilicata, organizzare un osservatorio del mercato del lavoro.
Tutti temi scomodi che potrebbero innescare forti tensioni sociali, in chi oggi beneficia di sussidi e stipendi poco meritati, per usare un eufemismo. Molto meglio vivacchiare, alimentando i mercati protetti, il lavoro nero, i precari – stabili, i “bisogni sospesi” da dare col contagocce, sprecando risorse importanti in spesa corrente e non in conto capitale che richiederebbe ben altra organizzazione del personale regionale.
Dovevamo aspettare l’assessore all’Ambiente per riscoprire l’aeroporto di Pisticci o la tratta ferroviaria Laurenzana – Potenza , in assenza di una valutazione attendibile dell’utenza e dei costi da mobiliare.
La Basilicata è piena di infrastrutture fini a se stesse: strade da albero ad albero, alla quali oggi si vuol aggiungere anche qualche tratta ferroviaria, ospedali che servono più per i primari e relativo personale che per i pazienti che, quando possono, emigrano, impianti sportivi mal utilizzati, strutture di trasporto deficitarie e così via.
L’assessore Berlinguer invece di teorizzare sulle virtù dei tecnici nelle giunte politiche, metta mano al settore forestale: occorre una svolta radicale, al fine di garantire una manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio sulla base di strutture gestite in modo manageriale, facendo luce peraltro sulla gestione dei consorzi di bonifica nei quali gli aspetti clientelari sono da tempo sotto gli occhi di tutti, invitando il commissario a dare finalmente conto del suo lavoro.
E potrei continuare sulle mediocrità che riguardano gli altri assessorati.
Sperare che il Pd , le associazioni sindacali, se ne occupino è tempo perso, augurarmi che il presidente della giunta voglia riformare il sistema significa coltivare illusioni.
È l’intera classe dirigente che va mandata a casa e per farlo occorrerebbe una spinta dal basso dai luoghi terzi (associazionismo, ecc.) e una decisione del Governo centrale di commissariamento del Pd e della Giunta (macroregione?).
Ma Renzi che ha i suoi guai, non se lo può permettere perché i Pittella gli Antezza, ossia i nuovi feudatari della Basilicata, portano voti elettorali alla sua “ditta”.
Che si rimanga in uno stato di sottosviluppo permanente interessa poco e niente. In fondo ha ragione luongo: Pittella è un sovrano con un popolo a cui non resta che grattarsi (Trilussa) .

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