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di LUCA TENTONI
Come si è visto in Consiglio dei ministri e al momento del voto di fiducia alla Camera sul decreto anticrisi, i malumori di alcuni deputati meridionali stanno creando tensioni nella maggioranza. Forse non sta nascendo un vero e proprio “partito del Sud”, ma un gruppo di pressione che però esprime – secondo il “Foglio” – «un malessere, un dato reale che merita una riflessione e una risposta». Come ha detto alla Camera l’esponente del Movimento per le autonomie motivando l’astensione del suo partito di fronte alla richiesta del voto di fiducia, la polemica non è con Berlusconi. In questa partita l’obiettivo non è il premier (che con Gianni Letta e altri collaboratori cerca di mediare) ma il superministro dell’Economia Tremonti, accusato di essere non solo il vero “dominus” del governo ma anche il fautore di una politica orientata a tutelare quasi solo gli interessi del Nord. In alcuni ambienti si parla dell’Esecutivo come del “governo Tremonti-Bossi”. Ecco perché il senatur ha tenuto subito a precisare che il Carroccio è disponibile a votare un piano di infrastrutture per il Sud. E ha aggiunto – particolare non di poco conto – che il «partito del Sud rischia di essere un pasticcio». In effetti, più un gran problema che un gran pasticcio: fra poco i decreti attuativi del federalismo fiscale fisseranno i costi standard anche su una materia – la sanità – sulla quale sono state appena commissariate due regioni meridionali. Se passasse l’idea di un federalismo “egoista”, la disputa con Tremonti si trasformerebbe in una battaglia contro la Lega: la tensione finirebbe per scaricarsi in certe votazioni parlamentari, con i franchi tiratori pronti a colpire (come forse stavano per fare sul decreto anti-crisi). Lo scontro fra quello che Tremonti considera il “partito della spesa” e quello che alcuni parlamentari del Sud reputano un governo “nordista” potrebbe essere aggravato dalla crisi economica, innescando processi politici incontrollabili; il tutto, mentre le elezioni regionali si avvicinano. Non va dimenticato, infatti, che il calo del Pdl alle europee è stato dovuto principalmente al crollo dell’affluenza alle urne a sud di Roma. Nell’area politicamente più instabile d’Italia, dove l’elettorato è meno schierato e più “mobile”, Pdl e centrosinistra si giocheranno la vittoria alle regionali del 2010. In tutte le elezioni degli ultimi 15 anni la differenza l’ha sempre fatta il Sud. Mentre al Centronord le regioni in bilico non sono molte, nel Mezzogiorno continentale tutto è possibile: tranne la Basilicata, le altre regioni hanno visto alternarsi giunte di diverso colore. Anche se in apparenza è un problema che non riguarda Bossi, il Carroccio sa bene che se si vuole far arrivare il governo a fine legislatura occorre che il Pdl confermi i risultati delle politiche 2008 sfondando in Campania, Puglia e Calabria, dove ora prevale il centrosinistra. Rispetto a quelli del passato, questo è l’esecutivo nel quale la Lega ha più peso e più possibilità di veder realizzato il suo programma: si tratta di un’occasione forse irripetibile. La “lobby del Sud” è, dunque, anche un problema del Nord: ecco perché il senatur appoggia il premier nell’opera di mediazione. Per ora, Berlusconi ha annullato il “conclave di Coppito” sulla “fase due” del governo, giudicato inopportuno da Bossi: meglio evitare ulteriori dissapori fra ministri. Il premier preferisce concentrarsi su una serie di provvedimenti per il Mezzogiorno ai quali il senatur darebbe il “via libera” (e forse anche Tremonti, con qualche mugugno) pur di togliere subito dal percorso del governo un ostacolo potenzialmente molto pericoloso.

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