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di SARA LORUSSO
ACQUAFREDDA – Avrebbe potuto trasformarsi in un Osservatorio del mare. Non sono bastati gli incontri, gli impegni, le idee. L’opera di recupero non si è conclusa, ma ne sono evidenti – desolatamente – i primi segni. E accanto alla villa che fu di Francesco Saverio Nitti, il colpo d’occhio è la piattaforma di cemento che ne costeggia le mura. Con annesse impalcature smontate, materiale da lavoro abbandonato e poco via vai da cantiere.
Sembra non essere bastata l’intuizione positiva dell’allora presidente della Regione Vincenzo Verrastro che nel 1974 decise di acquistare la villa per farne patrimonio pubblico e sottrarla al rischio di future speculazioni private. Oggi villa Nitti è una stretta al cuore e, contemporaneamente, moto di ribellione. Bastano pochi passi lungo il viale che dà sulla strada di Acquafredda, a pochi chilometri dal centro di Maratea, diversi tornati a picco sul mare dopo. Il cancello è aperto, la targa che ne indica la proprietà regionale è spezzata, arrugginita, ossidata. Va bene, si pensa, è il segno del tempo. No, invece, è segno di un progetto che non c’è, quanto meno langue. Quella villa in stile liberty che si affaccia sul mare, a strapiombo sulla scogliera, quella villa che fu di Francesco Saverio Nitti dorme in decadenza immersa in ettari di terreno. L’odore degli alberi di cedro e gli oleandri, mescolato a quello degli arbusti arriva forte, piacevole, mescolato al rumore del mare che tuona e batte sugli scogli. Il viale si apre in spazio aperto: a sinistra, la ringhiera sostituita da una pericolante struttura (temporanea?) di ferro arrugginito. La scalinata che un tempo portava alla spiaggia è coperta dalla vegetazione, gradini crollati e corrimano inesistente. Lo sguardo si perde, però, molto oltre. Non ci si impiaga molto a capire perchè Nitti abbia scelto, tra varie possibilità, questo spazio come dimora di studio, relax e quotidianità anche istituzionale. Avrebbe potuto scegliere un’altro stabile che da villa Nitti dista pochi minuti a piedi. Villa Nitti, infatti, ha una “gemella”. Si chiama villa Cheta e oggi è un albergo di classe che ha mantenuto intatto il decoro, l’arredo, l’esterno, il dettaglio dell’originale casale. Entrambe erano della famiglia Marsicano. Ma Nitti, che fu accompagnato probabilmente dal senatore lucano Giuseppe De Lorenzo nella scelta di una dimora sulla costa, non ebbe dubbi. Tra le due proprietà scelse quella a strapiombo sul Golfo di Policastro. La struttura originaria è stata ampliata dall’ architetto Vincenzo Rinaldo a cui Nitti commissionò i lavori (nella ricostruzione del volume “Villa Nitti: il luogo del pensiero, edito dal consiglio regionale di Basilicata si spiega che il presidente del consiglio si lamentò successivamente dell’esosa spesa valutata sulle 319.381 lire). La Regione Baslicata, per recuperare l’immobile. diversi decenni dopo, ne ha stanziate molte di più. E con risultati diversi. Ma era proprio necessaria quella colata di cemento? «Si dice che – spiegano alcuni cittadini del posto – dovrebbe nascere un anfiteatro». E quei sotterranei altrettanto invadenti? «Forse parcheggi». E tra quanti a Maratea ricordano i tempi in cui la villa era aperta al pubblico, si recupera il periodo in cui «una volta ci fecero un’esposizione di presepi. Poi si parlò di metterci un casinò». Non ha preso piede – almeno fino ad ora, salvo rinnovato impegno del neo eletto sindaco, Mario Di Trani – l’idea di crearvi un osservatorio del mare. Purchè villa Nitti sia fatta salva.

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