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di MANUELA BOGGIA
POTENZA – Sono dieci le regioni italiane in cui il cosiddetto “Piano Casa ”è legge. Tra queste figura anche la Basilicata che proprio lo scorso 3 agosto ha approvato in Consiglio regionale la legge “Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente”.
Una legge che ha ricevuto il plauso delle diverse parti politiche, dell’Ance e del presidente De Filippo che ha sottolineato come gli obiettivi della normativa siano il miglioramento della qualità abitativa, la sicurezza del patrimonio edilizio esistente, il risparmio energetico, la semplificazione amministrativa. «Con questo provvedimento – ha detto il governatore lucano – si riesce a coniugare l’esigenza economica con la protezione ambientale dando una risposta concreta alla domanda di benessere dei cittadini lucani».
Non solo plausi, però, alla legge lucana. L’operazione della Basilicata non piace a Confedilizia nel punto in cui si torna a parlare di “fascicolo di fabbricato”. Secondo un articolo pubblicato ieri su “Italia Oggi” a firma di Francesco Cerisano, sarebbero tre al momento le regioni «in cui potrebbe riaffacciarsi lo spauracchio del fascicolo di fabbricato: Campania, Lazio e Basilicata».
In effetti nel disegno di legge lucano sotto la voce “titoli abilitativi” previsti per avere l’autorizzazione ad intervenire sulla volumetria degli edifici si legge: “Dia da presentare entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge – e poi – E’ obbligatorio allegare l’attestazione di qualificazione energetica e il fascicolo di fabbricato (secondo un apposito schema regionale da delineare)”.
In sostanza di che parliamo? Il documento in questione, conosciuto anche come “libretto casa”, è una sorta di fascicolo in cui vanno inserite informazioni particolari sull’edificio che possono, ad esempio, riguardare la consistenza del fabbricato, lo stato di conservazione o anche la conformazione geologica del sottosuolo.
Sulle colonne di Italia Oggi Confedilizia giudica la previsione del documento un «sabotaggio del piano casa, in contrasto con i principi ispiratori dell’iniziativa governativa, finalizzata a rilanciare l’edilizia attraverso la previsione di nuove possibilità per i proprietari e la semplificazione delle procedure esistenti». Secondo Confedilizia, infatti, la reintroduzione del fascicolo di fabbricato «è solo un regalo ai professionisti» perché le informazioni particolareggiate previste dal documento non possono essere inserite in modo autonomo dai proprietari ma questi avranno bisogno di rivolgersi a periti di settore come ingegneri o geometri. Una posizione che dal livello nazionale si sposta a quello locale. «Già diverso tempo fa, quando si era paventata la possibilità dell’introduzione nella legge regionale del fascicolo di fabbricato avevamo chiesto un incontro sull’argomento» sottolinea Francesco Genzano, presidente di Confedilizia Basilicata nonché componente del direttivo nazionale. «Già la casa è tassata di suo in modo esponenziale – continua Genzano – a partire dall’Ici e a finire alla tassa per il consorzio di bonifica. Il fascicolo è un’altra tassazione, inutile, che danneggia i proprietari degli immobili. Solleciterò un incontro con il presidente della Giunta – conclude Genzano – per delineare i margini del fascicolo».
Di opinione diversa l’assessore regionale Infrastrutture e Mobilità, Innocenzo Loguercio, che punta sul discorso sicurezza e sottolinea come sia «legittimo e necessario comprendere qual è lo stato del fabbricato oggetto del futuro intervento», in sostanza una regolamentazione delle procedure necessaria per evitare che chiunque intervenga senza controllo sul proprio immobile.
Ma la polemica sul fascicolo di fabbricato ha radici antiche. Il primo ad inventarlo, infatti, è stato il comune di Roma nel 1999 sotto la guida di Francesco Rutelli. Nel 2002 Tar (Tribunale amministrativo regionale) e Consiglio di Stato hanno bocciato la delibera istitutiva del fascicolo. Una bocciatura replicata nel 2004 con alla guida dell’amministrazione capitolina Walter Veltroni. Secondo i giudici del Tar, il provvedimento comunale era “un inutile dispendio d’attività amministrativa” e una “vana duplicazione di adempimenti in capo ai proprietari” che “sono stati costretti a fornire al Comune atti e notizie sui loro edifici di per sé acquisiti o facilmente conoscibili da parte della Pubblica Amministrazione”.
Insomma uno spettro che torna e di cui la Confederazione Italiana Proprietà Edilizia e i cittadini aspettano di avere i dettagli.

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