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di LEO AMATO
FRANCESCO Ferrara resta agli arresti domiciliari. Il giudice per le indagini preliminari di Matera ha deciso che l’imprenditore di Policoro non potrà tornare in libertà fino ai primi di dicembre. Ferrara era finito al centro delle indagini del pm Henry John Woodcock nell’estate del 2007, in relazione all’appalto per la costruzione del centro oli “Tempa rossa” di Corleto Perticara.
Per gli investigatori si sarebbe accordato per vincere la gara con alcuni politici locali e i vertici di Total Italia, il gigante petrolifero francese, che è a tutt’oggi il titolare della quota di maggioranza della concessione per l’estrazione di idrocarburi dal giacimento della Val Camastra.
Ferrara venne arrestato dagli uomini del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, guidati dal colonnello Sergio De Caprio (“capitano Ultimo” per gli appassionati di fiction), mentre si stava imbarcando su un volo per la Libia all’aeroporto di Fiumicino lo scorso 16 dicembre.
Era nel mirino della procura da un anno esatto, praticamente dal suo incontro col deputato Salvatore Margiotta, quando le microspie erano riuscite a intercettare la conversazione con un suo vecchio amico, uno interno ai corridoi del palazzo della Regione, che l’aveva accompagnato fin sotto casa dei genitori del deputato.
Dentro l’auto i due si erano lasciati andare sui problemi di Ferrara, che aveva messo gli occhi sull’appalto per la costruzione del centro oli, un affare da ventiquattro milioni di euro, ma non riusciva più a parlare col presidente della Regione, Vito De Filippo, dopo l’incontro a ridosso del termine per la consegna delle buste con le offerte, in occasione di una cena tra i sostenitori lucani della candidatura di Enrico Letta alla segreteria del Partito democratico. Stando al suo sfogo, per cercare di giustificare “l’inversione di tendenza” del presidente, una persona dell’entourage di De Filippo gli avrebbe detto che era intercettato, ma Ferrara non riusciva a farsene una ragione, tanto più perché la data dell’apertura delle buste con le offerte era imminente, e andava ancora cercando una sponsorizzazione forte per riuscire ad assicurarsi l’appalto. D
e Filippo – stando alle sue parole – sarebbe stato colpevole di un tradimento, e in conclusione, piuttosto che di lui, avrebbe fatto molto meglio a “preoccuparsi” dei personaggi che “gli portano la cocaina in regione”, a differenza di Margiotta che non si era fatto tutti quei problemi.
L’imprenditore a distanza di qualche giorno avrebbe detto al telefono con un amica, che con Margiotta si era arrivati a un accordo per una tangente di 200 mila euro, ma si sarebbe anche contraddetto, subito dopo, raccontando a un’altra persona di aver aperto una via per arrivare ai vertici della Total (responsabili dell’appalto), grazie a un accordo milionario per la fornitura di carburante per i mezzi della sua azienda.
Quello che è certo è che a distanza di un anno la procura lo ha accusato di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta, e spaccio di coca, e quando gli uomini del Noe lo hanno arrestato e gli hanno preso la valigetta, è spuntato fuori un fascicoletto che conteneva le trascrizioni delle intercettazioni: quella in cui parla del tradimento di De Filippo prima di incontrarsi con Margiotta, più tante altre.
A questo punto il pm Henry John Woodcock si è rimesso a indagare, e a febbraio i poliziotti della Squadra mobile di Potenza e i carabinieri del Noe sono tornati da lui con l’accusa di ricettazione per quei brogliacci con le intercettazioni, che qualcuno di nascosto avrebbe preso dai cassetti degli uffici della procura. Il processo è cominciato a tempo record, quattro mesi dopo, e la difesa ha ottenuto lo spostamento a Matera per competenza territoriale. Il problema adesso sta tutto qui. Per il codice di procedura penale da quel giorno vanno ricontati i sei mesi di durata degli arresti, quindi dai primi di giugno si può arrivare fino ai primi di dicembre.
Francesco Ferrara è rimasto il solo agli arresti, dopo che è stato liberato anche il suo braccio destro, che è accusato di essere l’uomo che gli procurava materialmente la cocaina. L’avvocato Buccico ha presentato appello al Tribunale del riesame sabato scorso.
“Non ci sono fatti sopravvenuti – ha dichiarato al telefono -, e il mio assistito rischia di subire altri quattro mesi di detenzione per una legge che è stata pensata a vantaggio degli imputati, e invece si ritorce contro. Già una volta la Corte costituzionale si è dovuta esprimere su un caso simile, ma non penso che occorrerà arrivare tanto lontano”.

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