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«Sono pronta ad incatenarmi a Roma, davanti a Palazzo Chigi, al Parlamento o al Quirinale. Qualcuno deve aiutarmi a mantenere in vita i miei figli disabili».
A parlare è Caterina Calì, di Vibo Valentia, madre di Giuseppe ed Ivan Tavella, di 37 e 30 anni, due giovani ridotti allo stato vegetativo da una distrofia muscolare progressiva.
Entrambi sono ricoverati nell’istituto «Don Gnocchi» di Parma, la città in cui, dopo aver lasciato la Calabria, si sono laureati. «Nel nostro Paese – racconta la donna – si è discusso molto della libertà di morire per chi si trova in uno stato vegetativo, ma non si garantisce l’esistenza per quanti si ostinano a vivere nonostante la malattia».
Caterina Calì assiste da anni i suoi due figli. In Calabria non ha trovato una struttura adeguata per le esigenze per i suoi ragazzi, per cui ha dovuto trasferirisi in Emilia.
A Parma i due giovani vengono assistiti, «ma il servzio è insufficiente», lamenta. «Nel mese di agosto – dice – a causa di carenza di personale, nessuno ha aiutato i miei figli a fare la doccia. Ho dovuto provvedere io personalmente con l’aiuto di una badante. Inutile protestare con la direzione dell’istituto e con la Prefettura. Il problema – prosegue – non riguarda solo me, ma tanti altri ragazzi ricoverati nella struttura. Non è giusto che le cose vadano così. Quindi – ribadisce – qualcuno si faccia carico del problema. Sono disposta, lo ripeto, anche ad andare a Roma dal presidente della Repubblica».

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