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di PARIDE LEPORACE
DI certo esiste un relitto a largo di Cetraro. E il pentito Fonti che sull’Espresso in edicola oggi in un’intervista chiama in causa Ciriaco De Mita che smentisce categoricamente ogni coinvolgimento e preannuncia iniziative legali penali e civili.
Insieme all’ex presidente del Consiglio ci sono rivelazioni anche sui servizi e lo scomparso ministro democristiano calabrese Riccardo Misasi. Attorno al cargo immerso nell’abisso del Tirreno cosentino circolano notizie ed allarmi di ogni tipo. Anche i giornali internazionali seguono con interesse la vicenda. La procura di Paola è il punto nevralgico delle indagini in questo momento. Ieri si sono visti i tecnici del ministero dell’Ambiente che hanno concordato le linee guida della ricerca che presto prenderanno avvio con mezzi sofisticati sia in mare che in terra. Nella cittadina tirrenica ieri anche Legambiente che ha annunciato al Procuratore della Repubblica la costituzione di parte civile.
A Lagonegro invece il procuratore della Repubblica, Francesco Greco, è ancora più isolato dei suoi ex colleghi di Paola, tribunale dove anch’egli ha prestato servizio per lunghi anni. Isolato nel senso di solo.
Se non vengono forniti mezzi e uomini a questa sperduta procura lucana anche il dottor Greco potrà fare molto poco. Eppure è una grande risorsa delle inchieste future Francesco Greco. E’ lui il magistrato che ha indagato per primo sulla Jolly Rosso e che conosce bene il problema di avere indagini qualificate per ottenere risultati.
Non è un caso che sta aspettando prima di affidare le deleghe a personale specializzato che sia in grado di indagare. A largo di Maratea vanno scandagliati con attenzione secche e fondali per capire se esiste uno dei relitti indicati da Fonti.
In questo senso si può partire dall’interrogatorio di Fonti fatto tempo fa dal sostituto calabrese Vincenzo Luberto che processando la cosca Muto di Cetraro aveva intuito che si poteva sapere qualcosa. Francesco Fonti ha raccontato che l’esplosione della nave a perdere Cunski era accompagnata da due altre due imbarcazioni battente bandiera ombra maltese. Per evitare fuochi d’artificio troppo evidenti le altre due navi sarebbero state fatte esplodere a largo di Maratea e Policoro. Nell’ultima intervista Fonti invece esclude Policoro e afferma che quella nave sarebbe stata affondata in Calabria nella zona controllata dalla famiglia Iamonte. L’esplosivo era stato portato dai picciotti di San Luca e fatto arrivare dall’Olanda.
I fusti avrebbero contenuto materiale radioattivo norvegese.
Intanto la nuova intervista di Fonti all’Espresso solleva altra polvere di mistero. Il riferimento a uomini di governo come l’ex ministro Riccardo Misasi e Ciriaco De Mita e coinvolgimenti dei servizi italiani inducono l’opposizione parlamentare a chiedere risposte immediate su dossier e faldoni delle varie procure.
Il presidente della Commissione parlamentare per il ciclo dei rifiuti, Gaetano Pecorella ha annunciato che si stanno predisponendo tutti gli atti necessari per ascoltare Francesco Fonti. Non si escludono colpi di scena.

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