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Confermata l’ipotesi che i fusti presenti all’interno del relitto ritrovato a largo di Cetraro, grazie alle dichiarazioni del collabotare di giustizia Fonti, sono radioattivi.
Dall’analisi del filmato realizzato dalle telecamere del Rov, il robot mandato a 480 metri di profondità alla ricerca del Cunski e grazie all’ingrandimento di alcuni fotogrammi, gli inquirenti hanno potuto stabilire che i due fusti che si intravedono adagiati nelle immediate vicinanze dello squarcio che c’è sulla fiancata dell’imbarcazione, sono contenitori che negli anni Ottanta e Novanta venivano utilizzati per il trasporto di rifiuti speciali, tossici o radioattivi. La notizia è stata anche confermata anche dal procuratore di Paola, Bruno Giordano.
L’INTERVENTO DI LEGAMBIENTE
«Sono passati 17 giorni dal ritrovamento della motonave Cunsky sui fondali di fronte a Cetraro. 17 giorni sprecati, evidentemente, dal momento che nessun intervento concreto da parte del Governo si è verificato nè per cercare di fare luce sulla vicenda nè per rassicurare, o quantomeno informare, i cittadini calabresi sui potenziali effetti sulla salute legati all’affondamento dei rifiuti radioattivi». È quanto si legge in una nota di legambiente.
«La posta in ballo è enorme – ha dichiarato Nuccio Barillà di Legambiente Calabria – si tratta della salute dei cittadini, della salvaguardia dell’ecosistema marino e del futuro di una regione già duramente colpita da altri scempi ambientali. Ma il muro di gomma sembra non incrinarsi mai, nonostante la conferma che con la Cunsky siano stati affondati numerosi fusti contenenti rifiuti radioattivi».
«A tutt’oggi – ha sottolineato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri – non ci risulta sia stato definito un piano di recupero del contenuto della nave, nè che sia stato messo a frutto un progetto per l’individuazione degli altri relitti indicati dal collaboratore di giustizia. Francamente, tutto questo appare quantomeno preoccupante».

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