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Ma io non mi emoziono preferisco i fatti
di GIANCARLO TRAMUTOLI – scrittore
Cos’è la Basilicata oggi, veramente non lo so. Come si diceva a scuola, per far bella figura, imparando già a parlare a vuoto, cioè, la sua realtà socio-economica, cultural politica, filosofica e pure antropologica… oggi si aggiungerebbe “e quant’altro” che è come un marchio d’infamia lessicale del nulla pensante. Non so se esiste la lucanità. Non credo. Forse di lucano, c’è rimasta solo la lucanica, la salsiccia. Già. Ma pure i peperoni cruschi. In effetti. Sulle persone, non ci giurerei. Mi pare che ormai ci somigliamo tutti. Non so. A mala pena so, se sto respirando e come diceva Malerba, “proprio per questo scrivo, per sapere che cosa sto pensando”.
Neanche so a che può servire la visita del Presidente Napolitano nella nostra terra. Tutti richiameranno la visita storica di Zanardelli. Qualcuno quella di Pertini nei giorni del terremoto dell”80. Situazioni di emergenza, straordinarie. Rilanciare l’eterna questione meridionale. Sarebbe bello far fruttare l’ordinario, invece, utilizzare le nostre naturali risorse, che son tante. Potremmo diventare una Regione a statuto speciale. Far da noi. Se solo avessimo una classe politica e una comunità civile all’altezza della situazione.
Invece, non avendo specifiche competenze, io posso dire solo quel che percepisco dalla mia condizione di sedentario asociale, utilizzando le antenne dell’intuizione che è l’unica arma adatta a un pigro cronico che però vuole esprimersi e comunicare col mondo che sta fuori dal suo bunker mentale. Direi che questa visita proprio non mi emoziona. Che Napolitano rappresenta inevitabilmente, (prescindendo dalla sua storia e dalle sue idee e dal suo prestigio personale), il formalismo istituzionale, la retorica dell’ovvio, il richiamo anche apprezzabile a certi valori, a un rigore che però -vedi gli sprechi del Quirinale, solo di poco ridotti- lui stesso sconfessa nella sostanza.
Ecco, proprio non mi coinvolge, anzi, un po’ mi irrita se penso alle aspettative che può creare questa solenne visita. Come se la Basilicata avesse ancora bisogno di salvatori, scopritori, colonizzatori. Non bastano i danni che c’hanno fatto il Levismo, l’eterno lamentoso fatalismo, i falsi industriali, i petrolieri avidi, il familismo amorale di gran parte della nostra classe politica. Sarà che da anarchico ho fiuto per ogni manifestazione del potere anche quando è vestita di buone maniere, ottimi propositi, grandi ideali. Alle parole ho sempre preferito i fatti. Che sarà stupefacente, ma i fatti, (esulando dai tossicodipendenti), sono le uniche cose che ancora mi emozionano o che mi fanno incazzare. Il resto è ozioso, irritante, vacuo esercizio enfatico della parola che fa girare come un criceto la ruota del nulla.

Il grande sogno del ritorno a casa
di ANDREA DI CONSOLI – scrittore e giornalista
Dalla visita in Lucania del Presidente della Repubblica mi aspetto soltanto una cosa: che trovi le parole giuste per convincere tutti i lucani che sono andati via a ritornare nella propria terra. Diciamo che non credo nel riscatto economico e sociale della Lucania se prima non si risolve il problema demografico, il ricompattamento comunitario.
Il mio grande sogno è che si realizzi, dopo il “grande esodo” iniziato alla fine dell’800, il “grande ritorno” dei lucani. Io stesso vorrei ritornare, ma temo che il “ritorno” possa coincidere con una difficile “retrocessione” economica e culturale. In Lucania ci sono case, terre e paesi che non aspettano altro che essere riabitate, riamate, ricalpestate.
In troppi stiamo altrove – al centro, al nord, all’estero – e viviamo con insoddisfazione e perplessità il nostro “esilio” più o meno riuscito. Vorrei che il Presidente Napolitano esortasse a considerare facile il “ritorno” almeno tanto quanto la “partenza”. E’ questo il mio sogno: il ricongiungimento di tutti i lucani nella “Terra promessa” (è curioso: è come se ci fosse qualcosa di simile tra la diaspora ebraica e quella lucana). Il Presidente dica una parola in favore di questo grande sogno.
Forse la crisi internazionale (economica, sociale e culturale) può essere un’opportunità per chi sogna il ricompattamento sociale della Lucania, ma so che i politici sono ferocemente contrari al “ritorno” dei lucani, per ragioni di controllo sociale ed elettorale. Per questo motivo il Presidente lanci questa grande prospettiva rivoluzionaria e, infine, dica con forza ai lucani della diaspora: “Ritornate subito, la vostra terra sia di nuovo vostra”.

La Basilicata vista da Marte vorrei una casse politica capace di guidare la corrente
di ANTONIO CELANO – editor e scrittore
Vivo prevalentemente in Toscana, come dire la Basilicata vista da Marte. Da qui intuisco legni per zattera anche robusti, però non vedo cordami, non si aprono vele sufficienti al vento, il timone è solo sbozzato. Insomma, fuor di metafora: c’è una società civile in Lucania sottile, debole, indecisa, a volte esistente solo sulla carta, ma in alcuni casi ancora capace di segni di vitalità. Che aspetta una finale gratificazione, di non essere lasciata più a se stessa, peggio, a operare per singole parti scollegate. In altre parole ha bisogno di fare sistema, di rinterzare un tronco all’altro per affrontare il largo. Affinché tutto questo funzioni c’è bisogno però di un soggetto tra gli altri più forte che funga da collante. Questo soggetto non può che essere la struttura politico-amministrativa locale e regionale. “Forte”. Dunque non esitante, irresoluta e – proprio per questo – invadente, zerbina con i poteri esterni, elusiva dei bisogni dei propri concittadini. “Forte”: capace cioè di saper dirigere la corrente. Perché, francamente, di quel che c’è già ce ne facciamo poco. Non tanto come uomini, ma come mentalità.
Ecco, a Napolitano chiederei questo: contribuire a sollecitare la definitiva modernizzazione di una classe politica che finalmente dimostri la capacità di allargare e promuovere la crescita dei soggetti che animano oggi la società civile in Basilicata. Non abbandonandoli, né asservendoli.

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