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Ogni anno quando giunge il 28 settembre, la mia mente ritorna indietro al primo incontro con Giuseppe Baffa, “l’avvocato degli albanesi”, calabrese di nascita ma albanese nel cuore e dalle lontane origini, proveniente da un Sud e da una Calabria che fu per secoli terra d’accoglienza per viandanti o profughi disperati e perseguitati per la loro voglia di libertà e d’indipendenza.
Quel lontano 28 settembre di dodici anni fa, la giornata mia e di quell’esiguo e ostinato gruppo di brindisini antirazzisti (che da sei mesi conducevano fianco a fianco dei superstiti del naufragio della Kater I Rades la battaglia per il recupero della nave albanese ) era stata organizzata con cura, poiché la sua buona riuscita avrebbe significato dare forza alle esigenze di giustizia dei naufraghi.
Con essi io, Bobo Aprile e altri dell’Osservatorio Italia-Albania, avevamo ripercorso momento per momento tutte le fasi dell’affondamento della nave per mano della corvetta Sibilla, avevamo videoregistrato le loro ricostruzioni e di esse ne avevamo fatto una mostra fotografica, cercando di analizzare le dinamiche dei fatti, smontando pezzo per pezzo la versione di ammiragli e del governo e anticipando ciò che poi sarebbe avvenuto: la sparizione o il danneggiamento di prove fondamentali e l’inevitabile “non ricordo” che sarebbe risuonato nei tribunali, con l’impossibilità di perseguire non solo gli esecutori, ma anche i mandanti della Strage.
In quei sei mesi avevamo parlato di questo rischio con i naufraghi, partendo dalla nostra esperienza di cittadini italiani e di militanti politici abituati alle assoluzioni sulle “Stragi di Stato” e sinceramente sentivamo crescere da più parti la voglia che tutto cadesse nel silenzio… troppo imbarazzante questa strage con la sinistra al governo… ed in una città, come Brindisi, dove la Marina italiana è per tutti un’istituzione sacra, un tutt’uno con una popolo che vive da millenni in simbiosi con il mare, si respirava la diffidenza se non proprio l’ostilità per il nostro operato pro-naufraghi.
Nel programma di quel 28 settembre c’era una conferenza stampa con i naufraghi superstiti e l’intervento di Falco Accade, ex-ufficiale della Marina e con un passato in commissione Difesa che avrebbe, nella qualità di esperto e di uomo di mare, contestato le falsità ufficiali e dato fiato alla versione degli albanesi.
Una mattina inaspettatamente estiva (temevamo tanto la pioggia che nel volantino di convocazione avevamo avvisato che in caso di condizioni avverse la conferenza stampa sarebbe stata spostata presso il Centro Sociale di via Santa Chiara, nostro punto di riferimento storico, distate poche decine di metri) e che con il sole portò, inaspettatamente, dalla lontana Cosenza, Giuseppe Baffa, che con quel suo sorriso un po’ enigmatico, col suo fare deciso e sincero, con l’impulsività ed il calore di uomo del Sud, infuse a noi speranza e nuove energie per continuare quella che sapevamo essere una lunghissima lotta per ottenere Giustizia.
Ce lo ritrovammo tra noi mentre si montava la mostra e con fare interessato iniziò immediatamente a commentare, fare domande, cercando di capire quello che fosse realmente successo , parlava con noi in italiano, inframmezzato con qualche esclamazione in calabrese, mentre si rivolgeva in in quella lingua albanese tramandatagli oralmente da più generazioni con i nostri amici naufraghi.
Per essi il suo arrivo fu una benedizione, gli diede coraggio e ce ne accorgemmo il pomeriggio, quando giunsero in massa trascinando con loro intere famiglie di albanesi ricoverate presso la Caserma Carafa.
Alla manifestazione, a cui fu presente l’ambasciatore di Albania, che si concluse con il lancio di fiori in mare, fu letta l’elegia ai naufraghi del venerdì santo, del poeta albanese Visar Zhiti…
…E la nave piena di angeli scese negli abissi marini a cercare le nostre coscienze smarrite…
Smarrita non fu invece quella di Giuseppe che quel giorno decise che era questione di vita o di morte il vincere la battaglia contro il muro di gomma che si voleva costruire intorno ad un centinaio di cadaveri di donne e bambini affogato nel canale d’Otranto, …
Lo rividi in seguito più volte Giuseppe , nelle vicende seguenti al recupero della nave e delle iniziali fasi del processo, sempre sicuro di vincere, a costo di portare lo Stato italiano di fronte ad un tribunale internazionale , ma per me il suo ricordo rimane legato a quel 28 settembre.
Purtroppo lui fu sconfitto dal destino beffardo, che lo volle indissolubilmente legato alla vicenda dei profughi, ennesima vittima da aggiungere , insieme al suo collaboratore Perrotta , il 13 gennaio 2000, morti entrambi in un maledetto incidente stradale , a Taranto, venendo a presenziare da Cosenza una delle ennesime udienze al tribunale di Brindisi.
Con lui si spegneva la speranza di condurre una battaglia non solo legale , ma anche politica sulla Strage del Venerdì Santo. Con la sua morte ci fu la corsa nello spartirsi il patrocinio delle vittime da parte di certi legali, più interessati ad incassare le parcelle sulle transazioni a cui prima o poi gli stanchi ed delusi albanesi avrebbero aderito, dopo aver assaggiato le lungaggini della giustizia italiana , che raggiungere un verdetto degno di un paese civile.
Alla vigilia dell’inizio del giudizio d’appello continuiamo anche per te la tua battaglia, Giuseppe Baffa, avvocato degli albanesi.
Ps:foto e documenti su : https://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/giuseppe_baffa.htmhttps://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/giuseppe_baffa.htm

Antonio Camuso
Osservatorio sui Balcani di Brindisi

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