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di FRANCESCO GRECO*
Oggi, su iniziativa delle Nazioni Unite, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale degli insegnanti. Un avvenimento che ricorre dal 1994 per commemorare la Raccomandazione sullo Status degli Insegnanti (Recommendation concerning the Status of Teachers), adottata da una speciale Conferenza intergovernativa convocata dell’Unesco e dall’ILO il 5 ottobre 1996. La Raccomandazione rappresentò il punto di approdo di una lunga serie di incontri, proposte, consultazioni che seguirono alla richiesta avanzata dalla delegazione cinese nella prima sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO del 1946 di promulgare una Carta degli insegnanti di tutto il mondo, volta a salvaguardare e innalzare le loro condizioni materiali e morali e a proteggere la libertà di insegnamento. Nello spirito dei proponenti la Carta avrebbe avuto valore solo se fosse stata capace di promuovere effettivi progressi della condizione degli insegnanti in ogni nazione. Nondimeno, la Raccomandazione congiunta ILO/UNESCO sullo status dei docenti, pur adottata 40 anni fa, conserva intatto il suo valore politico. Infatti, pur essendo un atto giuridicamente non vincolante, il valore etico dei principi in essa posti non possono non impegnare moralmente ogni singolo Stato alla piena attuazione delle linee guida in essa contenute, che riguardano lo status dei docenti, dalla formazione, alle condizioni di lavoro, alla progressione di carriera, alle retribuzioni, al loro coinvolgimento nei processi decisionali all’interno delle istituzioni scolastiche e nei processi di riforma dei sistemi educativi. Nei “messaggi congiunti” delle Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite, che dal 1994 si sono puntualmente susseguiti in occasione della giornata mondiale degli insegnanti, è stato sempre ribadito che gli insegnanti e l’educazione sono un elemento cruciale per il progresso delle nazioni. Le moderne economie basano, infatti, la loro crescita sull’innovazione tecnologica e organizzativa che richiedono, a loro volta, persone altamente specializzate e, pertanto, capitale umano ad alta scolarizzazione. In queste economie, in virtù del legame tra scolarità e professione, la posizione sociale dei singoli tende a dipendere dal tipo di occupazione svolta e di conseguenza dal livello di scolarità raggiunto. Per cui, l’allargamento dell’istruzione favorisce il progressivo spostamento verso l’alto della stratificazione occupazionale, verso le posizioni lavorative superiori e, dunque, gli effetti dell’innalzamento dei livelli medi di istruzione, oltre che sulla crescita economica, si riverberano anche sulle condizioni dei singoli individui che vedono attraverso l’istruzione migliorare il proprio status sociale. Nondimeno, l’impegno dei governi per l’istruzione non sempre corrisponde alla consapevolezza di queste considerazioni e, un po’ dovunque, nel mondo si registra una crescente disaffezione per la professione dell’insegnante. Ciò, in gran parte è dovuto al progressivo peggioramento delle condizioni professionali, ma anche all’inadeguatezza, in molti Paesi, delle retribuzioni. Aspetti, d’altronde, già previsti dalla Raccomandazione del 1966, ove al punto 114, del decimo paragrafo, si individua nelle retribuzioni un aspetto importate che influisce sulla professione: “Tra i diversi fattori che influenzano lo status degli insegnanti, un rilievo particolare dovrebbe essere dato alla retribuzione, considerato che non si può negare, alla luce delle attuali tendenze, che altri fattori, quali il loro riconoscimento sociale o l’importanza attribuita alla loro funzione, dipendano in larga misura, come d’altronde avviene per molte altre analoghe professioni, dalle condizioni economiche di cui si gode”. Per quanto riguarda l’Italia, Paese fino a qualche anno addietro tra le maggiori potenze economiche, se si considerano i vari provvedimenti adottati (e anche quelli non adottati) in questi ultimi anni, si comprende come all’istruzione e agli insegnanti non sia riconosciuta quella considerazione raccomandata nel documento delle Nazioni Unite. L’Italia spende per l’istruzione sempre meno, ancor meno della gran parte dei Paesi dell’Unione Europea, la cui spesa media rispetto al PIL è del 5%. Con una spesa per l’istruzione del 4,4%, il nostro Paese si colloca la 21° posto dei 27 Paesi che costituiscono l’Unione Europea. Davanti solo alla Spagna, alla Grecia, alla Slovacchia, alla Repubblica Ceca, al Lussemburgo e alla Romania. Una situazione che non migliora se si allarga lo sguardo ai 30 Paesi che fanno parte dell’Ocse. Anche in questa comparazione la spesa per l’istruzione in rapporto al PIL dell’Italia è inferiore alla media Ocse (6,2%) e la sua posizione è di gran lunga più arretrata rispetto ad economie ben più deboli. E, ancora, la situazione non migliora se si considerano, nell’ambito dei Paesi Ocse, gli stipendi degli insegnanti. Lo stipendio iniziale annuo lordo di un insegnante italiano del settore primario è di 24.945 dollari USA, contro una media Ocse di 28.687, ed una media UE di 29.518. Una differenza che cresce enormemente se si considerano gli stipendi alla fine della carriera, ove una forbice di quasi 12.000 dollari USA separa gli stipendi degli insegnanti italiani dai colleghi dell’Unione Europea (Italia 36.765, media Ocse 47.747, media UE 48.506). Come se ciò non bastasse, l’Italia, anzicché aggiungerne di nuove, con le ultime finanziarie taglia in modo indifferenziato le risorse per l’istruzione, con grave pregiudizio sulla quantità e qualità dell’offerta educativa e formativa nel nostro Paese. Tutto ciò non può che far regredire ancor di più la situazione degli insegnanti in Italia, che vedranno peggiorare le loro condizioni di lavoro, in uno scenario in cui sull’educazione e sulla scuola si scaricheranno sempre più le tensioni e le contraddizioni che attraversano la complessità delle società contemporanee. Le particolari difficoltà del momento che interessano la condizione dei docenti ci inducono a far nostro, e ad inoltrarlo agli insegnanti italiani, il messaggio congiunto sottoscritto nel 2004 dai rappresentanti dell’Unesco, dell’ILO, dell’UNDP e dell’Unicef: “In questo giorno dedicato agli insegnanti, come d’altra parte in ogni altro giorno, la prima parola da dire è molto semplice: Bravi e grazie. Non lo si ripeterà mai abbastanza né nella famiglia delle Nazioni Unite né nel vostro contesto quotidiano. Vi siamo molto riconoscenti per esservi impegnati in questa professione, così essenziale per ogni società, e di continuare ad esercitarla, a dispetto – e spesso a motivo – delle sfide che dovete affrontare”.

*Presidente Associazione Nazionale Docenti

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