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Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista (oggi su Quotidiano della Basilicata) che Paride Leporace ha fatto al socialista protagonista della vita politica lucana e nazionale.

MATERA – «Io ho fatto troppo il puritano. Dovevo essere più cinico. Sono vittima di me stesso. Una volta non sono stato eletto in Parlamento per un pugno di voti». Michele Cascino, un protagonista della vita pubblica lucana e nazionale con ruoli di alto prestigio alla Regione e nel Partito socialista italiano, precisa subito di non essere mai stato «craxiano, sono nato lombardiano». Come Cicchitto? E lui amareggiato «Ha avuto una metamorfosi. Lo conosco personalmente, ogni venerdì ci riunivamo a via Santa Croce. Mi ha confessato quando gli ho chiesto perché di tutto questo e lui mi ha detto “Michè problemi economici”».
Oggi vive a Matera, ex vicepresidente della regione, Cascino è stato uno di quei dirigenti che hanno partecipato a quella stagione politica che il presidente Napolitano ha esaltato nei suoi impegni valoriali e per il rispetto che vigeva tra le ideologie contrapposte. Socialista lombardiano, uomo della sinistra a disagio con i tempi moderni: «Il nostro lavoro è andato disperso. Un tempo c’erano Verrastro, Calice, Schettini grandi personaggi che operavano solo per l’interesse pubblico». L’oggi di Cascino è buio pesto. «Man mano la situazione si è degradata. Gli interessi principali sono diventati quelli di carattere personale». A questo punto Michele Cascino apre l’album dei ricordi: «Pensi che quando è nata la Regione io andavo da Matera a Potenza con la mia 500. Nessuno rimborsava nulla, non c’erano auto blu e questo ero normale». Rintraccia vari lucani. «Colombo è stata una persona che si è lasciato contaminare dal clientelismo. Non ne è stato l’artefice ma una vittima. E’ stato costretto a praticarlo per alimentare un seguito numeroso e famelico. La Democrazia Cristiana lucana si è mossa in continuità con i vecchi agrari locali che hanno continuato i loro affari con nuovi incarichi». Naturale chiedere lumi quindi sulla diversità socialista: «Noi abbiamo dato un contributo critico. Non ci siamo mai appiattiti sulla Dc. Siamo stati invece succubi dei comunisti». Infierisco sull’uomo di altri tempi chiedendogli cosa pensa della crisi della sinistra e dell’assenza dei socialisti nel parlamento italiano e Cascino risponde immediato: «Ho un rammarico profondo. Io sono rimasto socialista con coerenza personale. I comunisti ci hanno mal ripagato del sostegno che abbiamo dato». Poi, negli anni Novanta, «i comunisti sono stati scaltri ad acquisire socialisti come Pittella che non avevamo valorizzato».
Il rimando obbligato è sulla Questione meridionale. Per Cascino «esiste ancora» ma in termini molto diversi. Il vecchio socialista vorrebbe «spazio per i giovani ma questo non avviene per le incrostazioni del potere».
La conversazione scivola sull’ultima crisi regionale di via Anzio e l’ex vicepresidente analizza in questo modo: «Hanno perso un sacco di tempo per decidere solo assegnazioni di poltrone». E del Pd che pensa Cascino? «Una fusione tra Pci e Dc che ha cancellato la tradizione. Hanno saltato le periferie imponendo dall’alto un processo che ha prodotto soltanto burocrazia».

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