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di EGIDIO CHIARELLA
L’appuntamento del 2011 con le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia, deve essere per noi calabresi un’occasione storica. Dobbiamo arrivarci con un forte impegno culturale e politico, tra i diversi soggetti istituzionali, sociali ed economici, in concerto con le altre regioni del mezzogiorno, per rilanciare il meridione d’Italia. Mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, proprio in conclusione dell’ultimo consiglio permanente, ha parlato di federalismo riequilibrato da una solidarietà nazionale e lanciando le settimane sociali di Reggio Calabria, ha anche annunciato un nuovo documento sul Sud, a vent’anni dall’ultimo testo ufficiale della chiesa sul meridione del Paese. A tale proposito mi piace sottolineare la netta presa di posizione del presidente della Cei Angelo Bagnasco, nell’assemblea plenaria dell’Episcopato europeo a Parigi, nei confronti di chi vorrebbe una chiesa muta o allineata sull’opinione che si autoproclama prevalente e progressista. «La partecipazione al dibattito pubblico, in nome del messaggio evangelico, non può essere considerato», per il presidente dei vescovi, «una minaccia alla laicità dello stato». Sottolineata questa condivisa precisazione, vorrei soffermarmi sul documento Cei del 18 ottobre 1989: “Sviluppo nella solidarietà – Chiesa Italiana e Mezzogiorno”. Nonostante siano trascorsi vent’anni il testo è ancora attuale e fino al nuovo testo annunciato, può continuare a essere sicuramente un punto centrale nella ripresa di un dibattito concreto, fuori dai discorsi fumosi, per aiutare il Sud e la Calabria a reagire. Serve proprio un moto delle coscienze, mentre spinte nordiste, ben identificabili, portano il Sud all’isolamento; non a caso i drammi ambientali e alluvionali di questi ultimi tempi in Calabria non hanno avuto la giusta attenzione da parte del potere centrale, così come è successo per i fondi della Ss 106 che il governo ha dirottato per l’Ici e le quote latte. I vescovi, già nel lontano 1989, scrivevano nel loro documento: “È dunque necessaria una vera corrente politica meridionalistica, che veda nel superamento della questione meridionale il riferimento più sicuro per una unificazione economica e sociale del Paese, nel quadro dell’avvenuta unificazione politica. Una politica economica nazionale, quindi, che faccia del superamento del divario nord-sud un obiettivo primario, da perseguire con coerenza a ogni livello”. L’unità d’Italia non è completamente compiuta e rischia di indebolirsi ancora di più, se noi classe dirigente meridionale non riusciremo a isolare “i vizi” capitali della politica collusa e aperta a un nuovo nepotismo; imbrattata da una retorica “ottocentesca” e mirata a “coprire”, quanto non viene fatto e quanto rimane da fare. «Innervando il territorio di strutture, di infrastrutture e di servizi», è sempre il pensiero dei vescovi, «si favorirà la nascita e la crescita di realtà produttive locali, soprattutto di medie e piccole imprese, in sinergia con le grandi risorse già presenti nel mezzogiorno e suscettibili di forti sviluppi, come l’agricoltura, il turismo e l’artigianato». Le centinaia di milioni di euro dei fondi europei, spesi in questi ultimi dieci anni, erano diretti a realizzare tutto questo! Oggi però le cose non sono cambiate, per come ci aspettavamo. Le nostre realtà produttive annaspano, il territorio si “sbriciola” e la svolta non si intravede. La risposta a tutto questo non potrà certo trovarsi nell’istituzione di una agenzia speciale del governo per la gestione dei fondi FaS o in altre misure, senza condividere in pieno un passaggio del penultimo paragrafo del testo ecclesiale qui preso in esame: «Non è comunque realizzabile alcun valido progetto, se non vi sarà un grande recupero di moralità sociale e di legalità. Bisogna recuperare la fiducia nelle istituzioni ed educare al rispetto della legge». L’episcopato italiano chiude “l’attualissimo documento” con parole chiare e profonde: «La ripresa del sud è, così, chiamata a essere globale. In caso diverso non sarà una vera ripresa. Deve essere politica, economica, culturale, ma soprattutto etica». In Calabria. è l’ora della sveglia!

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