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di FRANCO CRISPINI
Delle manifestazioni celebrative per i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, si è cominciato a parlare ma in sordina essendo venuti fuori già i timori di urtare una sensibilità nordista-leghista di cui sono assai noti i malumori verso una memoria di quell’evento che si voglia rendere evidente e rafforzare nella coscienza collettiva. Gli organi governativi rimarranno paralizzati da quei timori? Si riconoscerà alla Lega di Bossi e ai suoi satelliti come l’Mpa di Lombardo, e ai filonordisti camuffati o espliciti, il diritto di metter veti su ogni solenne affermazione di una identità unitaria nazionale? O si tollereranno solo iniziative sfocate e sbiadite con qualche alzata di bandiera, qualche retorica lectio magistralis, che si risolvano alla fine nella costituzione di comitati ufficiali, nell’insediamento di presidenti, in annunci altisonanti e tante altre strombazzature. Per far perdere ogni significato a quel momento in cui culmina un grande e faticoso processo storico, e un Paese riesce a trovare tanti dei valori identitari che ne costituiscono la entità statuale, per ridurre tutto ai classici “tarallucci e vino” (così viene da dire), per sceneggiate di ogni tipo, per alzare palchi ai retori di turno e avere platee di comodo, non c’è che da percorrere quelle strade battute in analoghi casi. Perché non si dica e si strombazzi che si è trascurata quella circostanza, che non la si è ricordata a dovere, che le sono mancati quelli che avrebbero saputo infondere alte caratteristiche all’evento, perché non la si lasci in mano a improvvisatori, facendo in questo modo il gioco dell’autonomismo leghista o del berlusconismo nordista che ne vogliono una striminzita memoria, c’è bisogno di chi si appassioni a questa circostanza. Occorrerà davvero che si prepari seriamente con grande dignità e competenza tutto ciò che serve a richiamare l’interesse della gente, fuori delle tifoserie politiche e degli “antagonismi” laceranti, a questo grande bene che è l’unità del Paese, a risvegliarlo, ove fosse assopito, e radicarlo ancora di più nella coscienza pubblica. Ma chi, prima che vi mostri interesse la politica (dietro gli allettamenti dei trasferimenti delle risorse finanziarie) e che quindi decida a modo suo, si impegnerà a stimolare le amministrazioni pubbliche e le istituzioni culturali a fare il massimo sforzo per l’unica finalità di fare riacquistare una diffusa consapevolezza dello sforzo che ha richiesto e richiede conservare la propria identità nazionale, difenderla contro tutti gli assalti di un insensato autonomismo separatista e scissionista da qualsivoglia parte essi vengano? Nell’attuale clima inquieto e confuso, il Paese appare diviso molto di più che per la sua geografia: il Nord e il Sud di esso quasi arrivano a non volersi riconoscere più nello stesso Stato, tanto è il divario di fisiologia economica e civile tra l’una e l’altra parte. Il Nord vede il Mezzogiorno con i suoi grossi ritardi e tutte le sue arretratezze come un freno per il suo sviluppo e pone come urgente una “questione settentrionale”; il Sud avverte sempre di più la tragica e irresponsabile trascuratezza cui lo condannano le politiche dei governi nazionali (di quelli locali meglio non parlarne), e si lascia prendere da tentazioni ribellistiche e secessionistiche pari a quelle che infiammano i discorsi, i gesti, le rivendicazioni dei leghisti-nordisti che rifiutano persino i simboli dell’unità nazionale, bandiera, inno, lingua. Non nelle migliori condizioni si andrà a dare risalto all’avvenimento che i centocinquanta anni non possono avere scolorito o reso irrilevante e inattuale. A breve, il Governo presenterà un piano completo per le celebrazioni solenni nel 2010 (ma vi saranno pure elezioni regionali!) della Unità d’Italia. Saranno prese in considerazioni le proposte delle regioni italiane, se ne saranno state avanzate, o tutto scaturirà dalla testa di Giove? Conterà molto il modo in cui quel momento storico cruciale verrà ricordato e celebrato nelle singole regioni, perché potrebbe essere l’occasione di un bilancio storico-politico (non importa se riaprendo polemiche come quelle che accompagnarono e seguirono le tesi su “Il Risorgimento italiano” dello storico inglese Denis Mack Smith) delle vicende italiane pre e postunitarie, cosa che farebbe bene alle nostre popolazioni. Quanto alla nostra regione, interessata dal fenomeno socialmente rilevante del brigantaggio postunitario, oltre che di questo tema, ci si dovrebbe occupare attraverso giornate di studio e di approfondimento e gli interventi di esperti, di aspetti specifici quali, per fare qualche esempio, “La Calabria nel Risorgimento”, “La Calabria nello Stato unitario”: sono tutti temi cui hanno dato contributi storiografici di rilievo grandi storici meridionali e calabresi come Rosario Villari, Giuseppe Galasso, Gaetano Cingari, Umberto Caldora, Antonio Guarasci. E’ rivolgendosi a questi temi di approfondimento che si potrà recuperare una coscienza unitaria dei calabresi più criticamente stimolata, comprendendo fino in fondo cosa ha significato e che effetti ha dato il ritrovarsi della Calabria a esser parte di una unica identità nazionale. L’iniziativa per progettare una celebrazione sobria ma ricca dell’evento unitario, che ne mostri gli intrinseci significati per quello che è stato il corso delle cose di una regione come la Calabria, avrebbe bisogno del coordinamento esercitato da un’amministrazione pubblica. Le amministrazioni provinciali soprattutto, assieme ad altre istituzioni culturali, sono capaci in Calabria di imprimere una impronta di rigore e serietà a queste celebrazioni sottraendole a una ritualità priva di entusiasmo e partecipazione? E’ quello che si vedrà.

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