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di ROCCO PEZZANO
SEMBRA quasi diventato un binomio inscindibile. Quando si nomina su un qualsiasi organo di stampa la parola “nucleare”, salta fuori anche il nome della Basilicata. Lo fa anche l’inserto “Sud” del Sole 24Ore che, nel numero uscito ieri in edicola, disegna una mappa delle località papabili dal punto di vista dell’energia atomica. C’è anche Scanzano Jonico.
La Ola, sentinella delle emergenze ambientaliste lucane, ha subito fatto sentire la propria voce intimando l’alt e invocando un immediato intervento della giunta regionale.
In realtà l’articolo, scritto da Jacopo Giliberto, non cita alcuna fonte – né ufficiali né ufficiose, né palesi né anonime – a sostegno delle informazioni che dà. Sembra piuttosto un ragionamento del giornalista che cerca di capire come potrebbe muoversi il governo. Un’analisi da esperto, non rivelazioni basate su notizie riservate. Questo pare.
Peraltro, c’è differenza fra la mappa che riporta le città italiane che potrebbero ospitare le future centrali (con un errore da matita blu: la provincia in cui si trova Scanzano, Matera, è siglata con Ma e non con il corretto Mt) e il testo dell’articolo.
La citazione del territorio lucano arriva solo alla fine del lungo articolo ed è questa: «La Basilicata sembra ancora destinata a ospitare il deposito delle scorie a Scanzano Jonico, che potrebbe raccogliere anche le scorie dell’Ena alla Casaccia (Roma), di Saluggia (Vercelli) e di quanto resta della Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria)». Spiegata così, sembra essere una notizia basata su informazioni riservate.
In un articolo di appoggio a quello principale dell’inserto Sud, il giornalista Francesco Prisco chiede un parere anche all’assessore lucano alle Attività produttive (chiamato Gennaro Strazzuso e non Straziuso): «Il nostro piano energetico – dichiara Straziuso al Sole – prescinde dal nucleare».
La notizia del possibile deposito in Basilicata, fosse confermata, sarebbe un fulmine a ciel sereno. Un fulmine di cui sarebbe facile immaginare il seguito di tuoni da parte delle comunità locali, come avvenne già creando l’ormai proverbiale “effetto Scanzano”, madre di tutte le rivolte pacifiche e popolari.
Ad affermare che non è così, la Sogin, azienda che nella vicenda del deposito ebbe un ruolo di primo piano e che oggi, impegnata nello smantellamento del sito nucleare di Rotondella, è interessata da una riorganizzazione di finalità e compiti da parte del governo.
L’ufficio stampa nega che possa esserci stata da parte del governo una decisione in merito: «Non sono stati ancora decisi i criteri per stabilire dove ubicare gli impianti nucleari – spiegano – men che meno sono stati formalizzati quelli per il deposito unico delle scorie. Si tratta di decisioni di là da venire».
Ma non è che la riorganizzazione della Sogin può fermare il processo di decommissioning (lo smantellamento, appunto) e far sì che l’Itrec rimanga quello che è attualmente, un deposito di scorie?
«Assolutamente no – è la risposta da parte della Sogin – Il decommissioning va avanti. La riorganizzazione non inteferisce in alcun modo con lo smantellamento degli impianti italiani e di quello lucano in particolare».
r.pezzano@luedi.it

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