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Sequestrati beni per un valore di tre milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Catanzaro, nell’ambito di due distinte operazioni, a due sorvegliati speciali, presunti affiliati alla ‘ndrangheta, Giuseppe Antonio Accorinti, di 50 anni, di Zungri (Vv), collegato alla cosca dei Mancuso, e Rocco Azzaro, di 55, di Corigliano Calabro (Cs).
Il valore dei beni sequestrati è di un milione di euro per quanto riguarda Accorinti, e di due per Azzaro. Tra i beni figurano sei fabbricati, nove terreni, ditte individuali e svariati rapporti bancari e postali.
Il sequestro è stato disposto in accoglimento della proposta fatta dal Direttore della Dia.
Ad Accorinti, sorvegliato speciale, indicato come elemento vicino al clan Mancuso di Limbadi (Vv), in particolare, sono stati sequestrati beni per circa un milione di euro. Secondo il Tribunale «la gestione decentrata del territorio di Zungri, sarebbe stata affidata dalla famiglia mafiosa Mancuso direttamente alla famiglia Accorinti, capeggiata proprio da Giuseppe Antonio che avrebbe costituito, avvalendosi della forza derivante dal vincolo associativo, un’associazione finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona e comunque alla realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti per sè e per altri».
Accorinti, dal 1983, è stato più volte destinatario di sentenze di condanna per detenzione e porto illegale di armi, associazione per delinquere, traffico di stupefacenti. Coinvolto in diverse indagini di polizia proprio in ragione della ritenuta affiliazione al clan Mancuso, ha riportato, da ultimo, una condanna ad anni 21 di reclusione, confermata in appello nel 2009, per associazione per delinquere e droga. Il patrimonio sequestrato oggi è costituito da due compendi aziendali di distinte ditte individuali; diversi rapporti bancari, postali ed assicurativi; 4 terreni; 2 fabbricati.
Azzaro, pure sorvegliato speciale, cui invece sono stati sequestrati beni per due milioni di euro, è ritenuto un appartenente al clan di Corigliano (Cs). L’esame delle diverse sentenze di condanna emesse nei suoi confronti, anche per associazione mafiosa, evidenzierebbe, scrivono i giudici, l’operato criminale di Azzaro «come connotato da atteggiamenti di prevaricazione e dalla ferma volontà di intimidazione, propri di colui che riveste il ruolo di rilevanza in seno ad un’associazione mafiosa».
Coinvolto nelle operazioni di polizia «Big Fire» e «Set up», a seguito delle quali riportava condanne a diversi anni di reclusione (tra l’altro per associazione mafiosa), nel 2004 era stato arrestato, unitamente ad altre 35 persone, nell’ambito dell’operazione deno «Sybaris». Il G.I.P. descrive Azzaro come «un soggetto che ha una posizione ambigua in quanto appare coinvolto tanto nell’organizzazione coriglianese, con ogni probabilità in virtù della sua appartenenza territoriale che in quella cassanese. Emergono infatti dei dati precisi che consentono di affermare la sua compromissione con la cosca cassanese». Nel rovvedimento si fa riferimento in particolare alla quotidiana frequentazione con soggetti della cosca di Cassano come Francesco Abbruzzese, ritenuto il capo dell’organizzazione».
Nello specifico, i beni colpiti dalla misura sono rappresentati da un compendio aziendale di ditta individuale; diversi rapporti bancari e postali; 6 automezzi; 5 terreni; 4 fabbricati.

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