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di MARIANGELA LISANTI
MATERA – «Ho sempre creduto, fantasticando, che Lucania fosse il nome di una madonna nata nei Sassi, e morta in quello strapiombo acquoso che è la Gravina. Questa notte ti penso, Lucania cara, con il volto scarno ma roseo, con i lineamenti calcati dal freddo e dall’umidità, coi denti sporgenti, come quelli delle capre che ancora oggi pascolano sui colli materani, con le sopracciglia folte che si uniscono al centro della fronte come fossero la tua aureola scura, e scura è pure la tua pelle, che trattiene il passo degli avventurieri spagnoli, quando ti attraversarono. Sono venuta a renderti omaggio, cara madonna di nome Lucania, partorendo mio figlio sul tuo suolo, restituendoti il dono della mia nascita». Ha esordito così la giovane scrittrice Dora Albanese durante la presentazione del suo libro “Non dire madre” (Hacca), che ha avuto luogo domenica sera presso la sala “Levi” di Palazzo Lanfranchi. Attraverso nove racconti, tanti quanti i mesi di gravidanza, la scrittrice analizza sentimenti di una madre che racconta cosa significa dare alla luce un bambino e cosa significa avere diciannove anni, in quel momento. Il tema della maternità è affrontato con franchezza, evidenziando come essa rappresenti una metamorfosi della donna: una ragazza impara a diventare madre, tra prove difficili e fallimenti, tra tentativi di emergere e crolli nervosi e nostalgici. Dopo il saluto del senatore Filippo Bubbico, ha introdotto la presentazione Maria Teresa Cascino, organizzatrice del Women’s Fiction Festival, che ha aperto un interessante dibattito tra la scrittrice e i giornalisti Paride Leporace e Lucia Serino, rispettivamente direttore e caporedattore del Quotidiano della Basilicata. «E’ la maternità – ha detto la Serino – la protagonista di tutti i capitoli; il libro parla di una figlia che scappa dalla propria madre, dalla propria terra, ma anche delle tribolazioni per ricucire questo distacco. Il testo, però, parla anche della Basilicata, in cui si ritrovano antiche storie, magia, sentimenti e ricordi a Stigliano, il paese di origine della nonna, e a Matera». L’autrice, quindi, attraverso il sapore della propria terra natale, è riuscita a tirar fuori con un forte istinto i tratti più emblematici dell’essere madre. «E’ un esordio molto promettente – ha detto Leporace – per questa giovane scrittrice che fa letteratura vera; una letteratura che scava in profondità fino ad arrivare ad un’analisi su quello che può essere stato il matriarcato del sud. Il libro è anche divertente e oltre alla terra d’origine di Dora emerge anche Roma con i suoi vizi e con riferimenti che rimandano al cinema di Fellini». La giovane scrittrice è nata a Matera nel 1985; ha pubblicato racconti e articoli su riviste e quotidiani. Dal 2004 vive a Roma, dove studia antropologia. «Ad un certo punto – ha detto Dora, durante la presentazione – mi sono imposta di non dire mai più madre, di non cercare mai più l’aiuto di mia madre; perché una figlia che diventa madre annienta il sacrificio dell’altrui maternità per dare spazio al suo bisogno di riscatto».

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