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POTENZA – Giovani e già a rischio suicidio. Figli che, senza dire nulla, se ne vanno per sempre con la stessa semplicità con cui si esce da casa. Questa mattina, nelle sale del Palazzo di Governo, il prefetto di Potenza ha convocato un tavolo tecnico per cercare di capire se davvero anche nella nostra provincia esiste un’«emergenza suicidi giovanili» e come fare per prevenire quel momento in cui, impercettibilmente, un adolescente, senza neppure lasciare tracce, decide di dire «addio». Invitati, tra gli altri, i rappresentanti del Tribunale dei minori di Potenza, del mondo della scuola, dei servizi sanitari e sociali. Alcuni dati raccolti proprio dal Tribunale mettono in evidenza come nel 2008 ci sono stati 7 tentativi di suicidio, mentre nel 2009 hanno provato a togliersi la vita 5 ragazzi e uno, invece, è riuscito nel suo intento (il quindicenne, originario dell’India, che si è dato fuoco nel mese di maggio, ndr). Queste le segnalazioni che sono arrivate agli uffici giudiziari. Ma molti sono i casi che non vengono mai alla luce. A volte, gli adolescenti normalmente entrano ed escono dall’ospedale nel giro di pochi giorni, nella maggior parte dei casi anche poche ore, magari dopo una lavanda gastrica o un intervento d’urgenza. E, una volta dimessi, per i servizi tornano ad essere dei perfetti sconosciuti. Dunque, un mondo sommerso, fatto di drammi profondi e infiniti silenzi, che troppo spesso rischia di rimanere nell’anonimato. L’idea della riunione di oggi è proprio quella di «creare un linguaggio unico tra tutti i soggetti interessati, di prevedere l’analisi ed il monitoraggio del fenomeno, di sviluppare azioni finalizzate alla sua prevenzione ed al suo contrasto, di realizzare percorsi educativi ed informativi, di promuovere l’emersione del fenomeno e la costruzione di reti preventivo-assistenziali diffuse sul territorio provinciale». Questo anche perché «il suicidio è un atto che suscita fra i giovani molta emulazione, come dimostrano le pagine di cronaca», commenta Assunta Basentini, psicologa presso il Tribunale per i minorenni di Potenza. Insomma, se non si sta attenti e non si affronta il fenomeno nel modo giusto, si potrebbe innescare una «catena di suicidi», il cosiddetto «effetto Werther», perché che «l’imitazione e la suggestionabilità – continua la Basentini – possano avere un ruolo importante nella dinamica del suicidio. Ecco perché diventa fondamentale approfondire gli aspetti e le dinamiche di questo complesso fenomeno, sotto tutti i punti di vista, da quello sociale a quello psichiatrico, a quello scolastico e familiare». E proprio sul ruolo di scuola e famiglia, ricordiamo, a tal proposito, le parole del filosofo Umberto Galimberti che rivolge «un invito ai genitori, soprattutto a quelli che si rivolgono ai figli solo per sapere come sono andati a scuola: cercate di capire quel deserto affettivo che sembra sia diventato il paesaggio abituale di molti dei nostri ragazzi. E un invito ai professori per ricordar loro che, quando sono a scuola non hanno di fronte una “classe”, ma tante facce diverse da guardare per davvero in faccia, a una a una, senza nascondersi dietro la scusa che non si è psicologi, perché non si è neppure uomini se non ci si accorge della sofferenza di un giovane».
Anna Maria Calabrese

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