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di MATTEO COSENZA

La Presidenza del consiglio dei ministri non intende ricevere la petizione “Liberi dalle scorie” lanciata dal Quotidiano e sottoscritta da 27.938 persone. Avete capito bene: a Palazzo Chigi non vogliono neanche acquisire tale documento indipendentemente dalla volontà, tutta da verificare, di dare un corso alle richieste in esso contenute. Da settimane andava avanti questa singolare trattativa, poi venerdì sera Sara Santarelli, segretaria del sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Paolo Bonaiuti, pressata dalle nostre telefonate ci ha comunicato la decisione sostenendo che il Governo ritiene chiuso il caso dopo il ritrovamento del “Catania” al largo di Cetraro. Inutile ricordare che quello del Cunsky (Catania?) era solo uno dei punti della petizione: il no è stato netto e imbarazzato.
Potremmo chiosare il fatto in tanti facili modi, evitiamo le prevedibili battute, ci fermiamo alla sostanza di un diniego grave all’iniziativa di un giornale e soprattutto all’offesa a decine di migliaia di persone che, esercitando il loro diritto di cittadini, hanno sottoscritto alcune richieste da presentare a chi ha la responsabilità di curare i loro interessi. Nessuno si illudeva che da sola una petizione potesse imporre comportamenti e provvedimenti in una materia tanto rilevante, ma confessiamo che mai avremmo immaginato che si potesse essere arroganti e maleducati fino al punto di non voler neanche ricevere una lettera – tale è la petizione – di tante persone. Forse abbiamo un torto: osiamo ancora pensare che la democrazia non sia solo una parola.
Della maleducazione si è detto, ma prima di venire al merito politico della faccenda vorremmo aggiungere un particolare importante. Potevamo chiedere a uno dei tanti parlamentari calabresi del centrodestra di favorire la consegna della petizione e delle relative firme (elenco on line e scatoloni di lettere, coupon ritagliati e libroni utilizzati per la raccolta diretta), siamo sicuri che volentieri si sarebbe messo, come si dice, a disposizione e probabilmente l’operazione sarebbe andata a segno, ma abbiamo escluso deliberatamente questa possibilità per evitare che da qualsiasi parte si potesse parlare di strumentalizzazione politica. In effetti, così come il testo della petizione è stato redatto in forma asciutta e senza alcun riferimento che potesse apparire strumentale, allo stesso modo abbiamo garantito l’assoluta indipendenza dell’iniziativa. Lo dovevamo ai firmatari, persone note e semplici cittadini, che non stavano sostenendo un partito ma solo esercitando il loro diritto di farsi sentire chiedendo sicurezza e serenità, soprattutto verità. E ora ci permettiamo di chiedere agli uomini del Pdl calabrese se non ritengano stigmatizzabile il comportamento di chi comanda a Palazzo Chigi. Li conosciamo come uomini liberi, ci auguriamo che sappiano onorare questa vocazione con uno scatto d’orgoglio calabrese. Restiamo in fiduciosa attesa.
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E veniamo al merito: la petizione. Rileggiamola insieme, punto per punto. “Negli ultimi mesi in Calabria è stata accertata la presenza di scorie di diversa natura”. Questo incipit oggi lo riscriveremmo allo stesso modo perché se ci sono inquinamenti da verificare ce ne sono altri accertati e di proporzioni drammatiche. Veniamo allo scafo su cui fare accertamenti: “A 14 miglia dalla costa di Cetraro il relitto di un mercantile che gli inquirenti ritengono essere il CunskY, con a bordo un carico di 120 fusti contenenti presumibilmente rifiuti radioattivi”. Erano le notizie scaturite dall’inchiesta del procuratore di Paola, Bruno Giordano. Dopo oltre un mese e mezzo di inattività finalmente è arrivata una nave, la “Mare Oceano”, i cui operatori, quasi clandestinamente e rifiutando qualsiasi occhio indiscreto (per questo intendiamo quello di un calabrese), concludono in tutta fretta che il relitto non era del Cunsky, ma prima del Cagliari e poi del Catania. Immediata la conferenza stampa del ministro Prestigiacomo e del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che annunciano urbi et orbi: “Il caso è chiuso”. Dunque, c’è la prova che il pentito Fonti, un inventore di relitti che poi si ritrovano, è inattendibile. Fatto sta che da quel momento il caso si è dimostrato non affatto chiuso e che dubbi e perplessità hanno attraversato la mente di tutte le persone in buonafede. Negli ultimi giorni quasi una svolta: dopo la mozione bipartisan approvata dalla Camera che riapre il caso e tutti i casi delle navi a perdere e di ogni altra porcheria piovuta su questa regione, prima il magistrato della Dna Vincenzo Macrì e poi lo stesso Grasso hanno detto chiaramente che è da verificare che il pentito sia davvero inattendibile, anzi il primo ha affermato di aver ripetutamente verificato la sua attendibilità negli anni scorsi. Ora che lì sotto ci sia il Cunsky o una nave che si chiami in altro modo (certamente non “Catania”) non ce ne frega un bel tubo. C’è ancora una verità da accertare, più grande e inquietante di prima. Il caso non è chiuso e quel primo punto della petizione lo formuleremmo in modo diverso lasciando integra la sostanza.
Secondo punto: “ In agro di Aiello Calabro è stata rilevata la presenza nel terreno di possibili radionuclidi artificiali”. Non è così? Le indagini sono in corso, troppo lente quando si tratta di rassicurare gli abitanti di un territorio che vivono sotto l’incubo di malattie incurabili. Il vicino spiaggiamento della Jolly Rosso non fu un parto di fantasia, e la verità su quell’incidente di percorso è ancora tutta da conoscere.
Terzo punto: “A Crotone sono stati utilizzati materiali fortemente radioattivi per la costruzione di numerosi edifici pubblici e anche di scuole, nelle quali è stato già accertato un livello di contaminazione tra i bambini”. Tutto vero, tutto documentato. Chiarissima è la responsabilità di aziende dello Stato o, per essere più precisi, una volta a partecipazione statale. Hanno trattato Crotone e la Calabria come una terra di conquista, abitata da selvaggi da schiacciare come pezze da piedi. Devono pagare quello che hanno fatto e nessuno, per quanto potente, potrà fermare l’azione della gente, delle istituzioni che non abdicano al loro ruolo e dei magistrati che non dimenticano la sacra ragione della loro professione.
Che cosa chiede la petizione al Governo? “1) Verificare il contenuto della stiva del relitto al largo di Cetraro, recuperando i fusti con i rifiuti radioattivi e procedendo alla messa in sicurezza del tratto di mare interessato”. Non ci sono rifiuti radioattivi? Meglio, siamo felici. Ma non possiamo esserlo di fronte al modo con il quale si è proceduto e si è frettolosamente chiuso il caso. Che si sta riaprendo come prima ricordavamo, e stavolta non per l’iniziativa di qualche ambientalista irriducibile o di qualche magistrato di procura di provincia subito accusato da qualche suo diligente collega di aver preso lucciole per lanterne, bensì per le dichiarazioni e, speriamo, le azioni dei maggiori inquirenti che ci siano in Italia. Forse un poco, appena un poco, ci metteremo l’anima in pace quando ci dimostreranno che il pentito Fonti ha inventato tutto e ci spiegheranno perché l’ha fatto.
Richiesta numero 2: “Verificare la presenza delle altre navi a perdere nel Mediterraneo, così come indicate dal pentito Fonti ed eventualmente da altri filoni di indagine”. Ha detto il ministro Prestigiacomo che non si può perdere tempo e sprecare denaro in questa impresa. E’ così che lei rassicura i cittadini? Se quelle navi a perdere esistono, qualcuno le ha affondate per far sparire carichi pericolosi e imbarazzanti. Poiché l’affare è probabilmente colossale, come si fa a fugare il sospetto che in esso per motivi diversi – denaro, segreti di Stato, impossibilità di smaltire i rifiuti radioattivi – siano coinvolti soggetti che mai dovranno essere scoperti? Sarebbe solo l’ultimo mistero di un paese che ne ha tanti ancora da svelare.
Terzo punto: “Verificare la presenza di radionuclidi artificiali nel territorio di Serra d’Aiello e Aiello Calabro, in particolar modo alla foce del fiume Oliva, mettendo in sicurezza il sito”. Un impegno in questo senso è stato finalmente strappato, occorre che si vada fino in fondo nell’accertamento della verità.
La quarta richiesta al Governo: “Provvedere alla bonifica degli edifici contaminati di Crotone”. E su questo punto davvero c’è poco da commentare perché se la bonifica non si fa davvero è il caso di ricorrere alle barricate.
“5. Chiarire se esiste una relazione tra l’aumento delle patologie tumorali e l’eventuale presenza di rifiuti nucleari o tossici in alcune zone della Calabria ed agire immediatamente per garantire la salute degli abitanti di quelle aree”. Finora si sono fatte solo indagini parziali e dai risultati allarmanti, è indispensabile che si effettui uno screening prolungato nel tempo che rassicuri laddove non si accerti alcuna anomalia e che predisponga gli interventi del caso laddove siano purtroppo necessari.
Infine il sesto conclusivo punto: “Chiarire tutte le responsabilità, anche quelle di eventuali apparati deviati dello Stato, e fornire pieno supporto all’azione della magistratura”. Un’esigenza precisa di verità e di giustizia, che dovrebbe essere scontata ma che non è mai rituale riproporre visto l’andamento delle cose in questo paese.
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Ecco, dunque, la petizione riletta punto per punto, parola per parola. Due mesi dopo potremmo cambiarne qualcuna, ma lasceremmo intatta la sostanza e semmai aggiungeremmo ulteriori elementi di preoccupazione. A Palazzo Chigi l’hanno giudicata irricevibile. Per settimane hanno provato a stancarci, tanto questi calabresi – chi scrive non lo è per nascita ma sente di esserlo come uomo del Sud la cui rabbia non è mai troppa – non contano un ficosecco, sono caproni da tenere a bada, meglio lasciarli sulle loro montagne e ammansirli con il miraggio di un Ponte. Già dopo la citata conferenza stampa della Prestigiacomo ci dissero: “Ma, direttore, la petizione ha ancora valore?”. Poi, alle strette, hanno dovuto dire chiaro e tondo il loro no.
Ne prendiamo atto e trasferiamo questa cronaca dei fatti ai lettori e soprattutto alle decine di migliaia di persone che hanno firmato la petizione e che non sono tutti lettori del Quotidiano. Naturalmente noi abbiamo il dovere di mantenere l’impegno con chi ha firmato e comunque faremo arrivare una copia (non altro) della petizione a Palazzo Chigi, non garantendo l’uso che lì ne faranno.
La copia originale della petizione e dell’allegata documentazione sarà piuttosto inviata, con una lettera di accompagnamento, al presidente della Repubblica. Gli spiegheremo quello che è accaduto e gli chiederemo di prendere in considerazione le richieste di tanti cittadini. A Giorgio Napolitano, che già tante grane deve quotidianamente affrontare, ci rivolgeremo con fiducia perché ne conosciamo la serietà e la responsabilità. E’ una delle poche certezze in un paese che sempre più sembra avere le sembianze di un basso impero.
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Quanto poi a chi vuole mettere la sordina sull’argomento e pensa di insabbiare la verità, rispondiamo nel modo che sappiamo fare meglio: con il lavoro di un giornale che non smetterà neanche un secondo di cercarla, la verità. Questo è il nostro partito, non sappiamo se di destra, centro o sinistra, e per questo scopo, che è la metafora di una condizione di emarginazione e umiliazione più generale, è giusto ribellarsi. I calabresi sono stati troppo silenti, si sono fatti calpestare senza protestare e hanno sempre delegato a qualcuno, di dentro e di fuori , il proprio destino. Un giorno o l’altro bisognerà dire basta.

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