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IL COPIONE annunciato è stato rispettato: è stato firmato nella serata di ieri al ministero dello Sviluppo economico l’intesa per la Lasme, azienda dell’indotto dello stabilimento Fiat che nei mesi scorsi aveva deciso di collocare in mobilità 173 dipendenti. Il documento impegna ministero, Regione, Confindustria e le organizzazioni sindacali Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic e Ugl a dare piena attuazione alla proposta emersa nell’incontro del 16 novembre scorso, «nel rispetto – dice una nota diffusa ieri sera dalla Cisl – della maggioranza dei lavoratori». Unica sigla assente, la Fiom Cgil che si era già detta contraria all’intesa, nei termini in cui era stata prevista.
Secondo l’accordo, 82 dei 173 lavoratori della Lasme restano in azienda. Produrranno alzacristalli elettrici e moduli-porte. Gli altri 91 verranno collocati in cassa integrazione per due anni, sperando che in questo lasso di tempo possano trovare un altro lavoro. Dopo, il licenziamento.
La Fiom hiedeva invece che tutti i lavoratori venissero messi, a rotazione, in cassa integrazione, in modo da assicurare pari trattamento a tutti. La sigla dei metalmeccanici Cgil inoltre aveva lanciato un allarme: non tutte le produzioni che la Lasme realizzava per conto della Fiat Sata di San Nicola di Melfi verranno confermate. E questo rappresenterebbe un serio pericolo per il futuro dell’azienda.
Al tavolo di ieri a Roma erano presenti Andrea Bianchi per il Mise, Straziuso e Nardozza per la Regione Basilicata, Dell’Acqua per Confindustria, Bertocchi per la Lasme, Falotico, Zenga e Capocasale per la Cisl, Vaccaro e Tortorelli per la Uil, Tancredi e Giordano per l’Ugl, Roselli e Coviello per la Fismic.
Con l’accordo di ieri, si spiega ancora nel comunicato Cisl, «la Regione ha confermato l’impegno ad avviare le procedure per la reindustrializzazione non appena l’azienda metterà a disposizione il sito. Il ministero dello Sviluppo economico affiancherà la Regione nella ricerca di nuovi imprenditori».
«Le parti hanno inoltre concordato – è scritto ancora – una cifra media di duemila euro netti per ogni lavoratore a titolo di anticipazione del Tfr, conguagli ed altri emolumenti. L’intesa sarà discussa in assemblea lunedì prossimo alle 10 nello stabilimento della Lasme a Melfi».
Nei giorni scorsi era stata già firmata un’intesa, fra azienda e sindacati nazionali, sempre a Roma nella sede del Ministero dello Sviluppo economico. Era la stessa intesa siglata ieri dai sindacati di categoria della Basilicata.
La vertenza della Lasme è cominciata l’estate scorsa, quando l’azienda decise di collocare in mobilità il personale a causa della crisi, dei cali delle vendite (meno 35 per cento rispetto al 2008) e dei «costi di struttura». Le proteste dei lavoratori e le successive trattative hanno portato alla fine all’intesa di ieri.
Ieri la Cgil ha espresso il proprio disappunto per come sono andate le cose con un comunicato-provocazione.
Nicola Allegretti, segretario della Cgil di Potenza, ha diffuso una nota in cui, sull’incontro di ieri, ha detto: «La Cgil, convocata con una telefonata, ha chiesto un invito ufficiale e ha ribadito la disponibilità a intervenire all’incontro, sempre che le parti siano disposte a ridiscutere nel merito la proposta. La risposta negativa da parte degli interlocutori ci ha indotti a non partecipare all’incontro. Alla Regione Basilicata chiediamo di non avallare, con la firma dell’accordo dettato dall’azienda, il trasferimento delle produzioni al Nord, che nei fatti è in netta contraddizione con lo stesso impegno del Governo regionale per la reidustrializzazione del sito produttivo e con la messa a disposizione di nuovi contributi pubblici che potrebbero finire nelle stesse tasche di chi ne ha già utilizzati in maniera copiosa, disattendendo, peraltro, alle aspettative dei lavoratori e dei cittadini lucani. La vertenza Lasme è diversa dalle altre vertenze trattate nell’ultimo anno perché siamo in presenza di un’azienda che non ha subito riduzione di commesse», conclude.

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