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Potrebbero essere giudicati con rito abbreviato dieci degli undici giovani catanzaresi coinvolti nell’operazione antidroga «Fiume Corace», mentre uno di loro ha già chiesto di patteggiare. Dopo che la Procura della Repubblica di Catanzaro ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio, oggi davanti al giudice Gabriella Reijllo è iniziata l’udienza preliminare, durante la quale l’avvocato Vitaliano Gallo ha chiesto l’applicazione al suo cliente, Claudio Francesco Chiaravalloti, 21 anni, della pena di 4 mesi di reclusione e 5.000 euro di multa, ottenendo il consenso del pubblico ministero d’udienza, Paolo Petrolo. Il patteggiamento sarà formalizzato alla prossima udienza del 23 febbraio, e quello stesso giorno il gup deciderà se ammettere i riti abbreviati (che in caso di condanna comportano lo sconto di pena di un terzo) per gli altri dieci giovani accusati: Armando Fiorentino, 22 anni, di Catanzaro; Marco Spallino, 30 anni, nato a San Giorgio a Cremano (Na) ma residente a Catanzaro; Andrea Forte, 22 anni, nato a Roma ma residente a Catanzaro; Carlo Alberto Borromeo, alias «Charly», 21 anni, nato a Bologna ma residente a Catanzaro; Stefano Spiridetti, alias «il Negro», 29 anni, di Catanzaro; Giuseppe Rotundo, 29 anni, di Catanzaro; Alison Macrì, 23 anni, di Catanzaro; Gianluca Tardo, 28 anni, di Catanzaro; Francesco Arnò, alias «Franco ù barese», 34 anni, di Catanzaro, residente a Montauro (Cz); Alessandra Sacco, 34 anni, di Catanzaro. I rispettivi difensori (tra gli avvocati impegnati Arturo Bova, Enzo De Caro, Piero Mancuso, Piero Chiodo, Nicola Lembo, Pietro Funaro e Gregorio Viscomi), infatti, hanno chiesto abbreviati condizionati, nella maggior parte dei casi, all’audizione di soggetti a vario titolo interessati dalla vicenda (operanti della polizia giudiziaria, presunti acquirenti della droga, qualche imputato), ma qualcuno anche alla trascrizione su singoli brani delle intercettazioni effettuate dagli investigatori, che rappresentano l’ossatura dell’impianto accusatorio. (AGI) Ros/Cli (Segue) 011705 DIC 09 (AGI) – Catanzaro, 1 dic. – Sette degli indagati di «Fiume Corace», chiamati tutti a rispondere di spaccio di stupefacenti, finirono in cella il 16 aprile scorso, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Camillo Falvo, su richiesta del sostituto procuratore Simona Rossi, che ha coordinato le indagini condotte dai Baschi verdi della Guardia di finanza per oltre due anni. I giovani, secondo le accuse, avrebbero fatto parte di una rete dello spaccio operante fra il quartiere marittimo del capoluogo calabrese e Cropani, lungo la fascia ionica. Le persone indagate, fin dall’inizio, erano in tutto undici, ma per quattro di loro il gip non concesse il provvedimento restrittivo richiesto, e precisamente per Macrì, Tardo, Arnò, e Sacco, i cui nomi sono infine comparsi nella richiesta di rinvio a giudizio. Per i sette indagati in relazione ai quali «si è ritenuto sussistere la gravità indiziaria – scrisse il gip negli ordini di cattura -, ricorre l’esigenza cautelare alla luce della gravità dei fatti contestati, delle modalità delle condotte, del carattere organizzato e continuativo dell’attività delittuosa e dei guadagni da essa ricavabili, sintomatici della natura non occasionale e non circoscrivibile nel tempo delle azioni delittuose». Il gip spiegò inoltre che in tutti i casi «il materiale probatorio è costituito, in prevalenza, dal contenuto delle numerose conversazioni telefoniche e tra presenti intercettate. In molti casi le conversazioni captate sono riscontrate dagli esiti di attività di indagine collaterali», come servizi di osservazione e pedinamenti, sequestri di stupefacenti, arresti in flagranza. E proprio in un arresto in flagranza, in particolare, era incorso Chiaravalloti, finito già in manette assieme a Forte, il 15 marzo del 2008, dopo che le Fiamme gialle li trovarono a casa della nonna del primo mentre erano in procinto di confezionare in dosi della droga (circa 200 grammi di hashish e 20 grammi di marijuana). Per quell’episodio Chiaravalloti ha patteggiato a luglio due anni ed otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa, ed oggi ha chiesto un nuovo patteggiamento di una pena che risulta molto più bassa per via della «continuazione» tra quella precedente accusa e le altre che gli vengono contestate in «Fiume Corace».

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