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L’assemblea di ateneo dell’Università della Calabria ha dichiarato lo stato di agitazione permanente contro il disegno di legge Gelmini di riforma del sistema universitario e avanzato la proposta di adesione allo sciopero nazionale del prossimo 11 dicembre.
«Noi – è scritto in un documento stilato al termine dell’assemblea – ci opponiamo totalmente alla sottomissione dell’Università alle logiche economiche. Attraverso il nuovo Ddl Gelmini, anticipato dalla nota ministeriale n.160/09, prosegue l’opera di distruzione del sistema universitario statale, in piena continuità con le misure varate negli ultimi vent’anni dai governi di centrodestra e di centrosinistra, alternatisi alla guida del Paese.
I tagli prodotti dalla legge 133/08 e i successivi provvedimenti adottati attraverso la legge 1/09 hanno fatto da prologo alle ultime manovre governative, con le quali si ridimensionano ulteriormente i fondi e si riforma la governance degli Atenei, stravolgendo la natura del sistema universitario pubblico».
«Noi pensiamo che l’Università – prosegue il documento – abbia in primo luogo un forte valore sociale, che appartenga a chi vi lavora e la vive quotidianamente, non certamente a chi la intende semplicemente come occasione di profitto. Non vogliamo che l’Università sia assoggettata a logiche di gestione aziendale, ci opponiamo all’idea che i privati possano decidere della nostra didattica e della nostra ricerca, rifiutiamo insomma che divenga ulteriormente schiava del sistema mercato».
«Mentre resta viva la discussione sui devastanti effetti dei tagli della legge 133/08 che, ci teniamo a precisarlo, non si sono ancora manifestati in tutta la loro brutalità – riporta ancora il documento – l’opera di distruzione del sistema universitario viene, in questo nuovo Disegno di legge, perpetrata attraverso una serie di preoccupanti misure come la riforma della governance universitaria in quattro punti: esautorazione del Senato accademico, a fronte di un Consiglio di amministrazione che di fatto detiene i poteri esecutivi, amministrativi, gestionali dell’Ateneo; ridimensionamento dell’organico del Cda (massimo 11 membri); introduzione di soggetti esterni all’Ateneo nel CdA (almeno il 40%) e riorganizzazione strutturale, basata su organismi di coordinamento che andrebbero a sostituire le attuali Facoltà, le cui funzioni sarebbero completamente assorbite dai singoli dipartimenti».
E ancora: si prevede «la possibilità di fusione o federazione tra Atenei o enti operanti nel settore della ricerca e dell’alta formazione, la cui natura (pubblica o privata) non viene chiaramente definita e istituzione di un ‘Fondo speciale per il merito finalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studentì, affidato alla società per azioni CONSAP ed alimentato da versamenti effettuati a «titolo spontaneo e solidale» da privati, società, enti e fondazioni, finalizzato alla concessione di buoni studio e prestiti d’onore. Il nuovo Disegno di legge, affidandosi ad un criterio di discrezionalità non ben definito rischia di gettare nel caos finanziario le Università italiane e mettere definitivamente in crisi il concetto stesso di sistema universitario pubblico».
«Siamo consapevoli – conclude il testo del documento – che la nostra sarà una lotta ne breve ne facile, ma sistematica e di lunga durata. L’università e un bene pubblico e tale deve rimanere per assolvere alla sua funzione sociale: luogo e momento di crescita nonchè di scambio, confronto e incontro della multiculturalità e dei saperi liberi».

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