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di MATTEO COSENZA
Se due più due fa ancora quattro, ieri il presidente del Consiglio non aveva alcun impedimento per partecipare all’udienza del Tribunale di Milano come imputato nel processo Mills. Era già programmato un Consiglio dei ministri a cavallo della visita in Calabria, ma il motivo per il quale aveva ottenuto il rinvio dell’udienza era rappresentato dalla necessità di presenziare alla caduta del diaframma nella galleria di Seminara dell’A3 a cui poi ha rinunciato.
Certamente ieri Berlusconi non stava a Milano né in Calabria e neanche a Palazzo Chigi, con la testa era a Torino dove Spatuzza lo citava. E questa è un’altra storia. Le accuse del pentito, un incallito e feroce assassino, andranno verificate e solo allora si potranno trarre conclusioni, pur tuttavia un brivido lungo la schiena ci percorre sapendo che chi ci governa al massimo livello deve rispondere all’accusa che lui e il senatore Dell’Utri avrebbero dato rassicurazioni alla mafia «di mettere nelle sue mani il Paese». Ci auguriamo per tutti noi prima che per Berlusconi che quest’affermazione venga smentita con i fatti e nel processo nella maniera più categorica, e pur tuttavia ciò di cui si discute nelle aule di tribunale suscita una domanda che inquieta: e se fosse vero? Ma torniamo alla visita in Calabria. La sensazione che fosse stata decisa per ottenere un rinvio del processo di Milano è molto forte. Sarebbe rimasta anche se fosse effettivamente venuto, ma almeno in questo caso la Calabria si sarebbe potuta sentire un po’ sollevata dopo il lungo silenzio del Governo nei suoi confronti. Invece non c’è stata neanche la parvenza di un’attenzione. Sarà pure una coincidenza che fa pensare che ieri Berlusconi sarebbe andato in qualsiasi posto ci fosse stato un diaframma da far cadere, ma dispiace che di fatto ancora una volta la Calabria abbia finito con il rappresentare solo un sotterfugio per chi governa il Paese. Priva di voce, questa regione non ha neanche un calabrese che la rappresenti nel Governo. Sarebbe nulla se questo non coincidesse con uno spostamento vertiginoso dell’asse del Paese verso il potente Nord leghista. Il processo dura da tempo, è precedente al governo Berlusconi. La differenza sta negli annunci perché a conti fatti tutta la polemica sulla destinazione dei fondi Fas e delle risorse dirottate alle infrastrutture viarie interne su gomma e ferro non può far dimenticare che il governo Prodi lo annunciò soltanto senza provvedere a cambiare neanche uno dei pochi semafori della 106. A sua volta l’attuale premier ha annunciato la realizzazione del Ponte sullo Stretto, e chissà che alla fine anche questo non resti soltanto un annuncio. Sul sito del nostro giornale da giorni è in corso una discussione molto interessante sul tema e a conti fatti non si può dire che la maggioranza sia contro l’opera, anzi sembra il contrario. Questo per dire che quando parliamo di annuncio ci riferiamo esattamente al fatto che questa ennesima temuta presa in giro potrebbe essere esattamente corrispondente a quella del precedente governo su altre opere, e per concludere che i calabresi sono delusi dall’incoerenza e inaffidabilità del centrodestra e del centrosinistra che alla prova dei fatti hanno disatteso i loro impegni, condivisibili o meno che siano, verso questa terra. Il guaio vero è che la Calabria non conta nulla e, com’è accaduto ieri, quando a livello nazionale qualcuno la considera lo fa per un pretesto. Che tutto questo accada a pochi mesi dal voto regionale non fa che aggravare le cose. Sicuramente il più deluso di tutti ieri è stato Giuseppe Scopelliti che attendeva qualche segnale dal premier che allontanasse l’incubo del medico di sua madre. Per ora nell’agenda di Silvio la Calabria è probabilmente l’ultimo dei grattacapi. E lui, l’aspirante governatore del centrodestra, dovrà aspettare la prossima udienza del processo Mills. Sempre che ci sia qualche diaframma da far cadere.

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