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di ADRIANO MOLLO
Era un politico di altri tempi: schietto e leale. Metteva al primo posto il bene per gli altri senza risparmiarsi. Antonio Acri, 67 anni, consigliere regionale del Pd, è morto mercoledì pomeriggio a Catanzaro.
Severo e quasi maniacale nel suo lavoro, ostinato a portare avanti le sue battaglie politiche, era sempre solare con gli altri un po’ meno con se stesso, assalito quasi sempre dal cruccio dell’etica della quale aveva fatto uno stile di vita. Per questo quando il suo nome era finito nell’inchiesta Why Not, l’amarezza per lui fu forte. Dopo pochi mesi aveva scoperto di avere un tumore e il mondo gli era crollato addosso, ma aveva deciso di combattere senza risparmiarsi.
Se n’è andato in silenzio in quel centro oncologico di Catanzaro che da consigliere regionale ha difeso in aula con forza quando inchieste giornalistiche televisive lo avevano messo alla berlina.
«E’ un luogo di sofferenza, con fior di professionisti, sapessi quanta gente non fa più viaggi della speranza nel nord Italia. Molti parlano e non sanno quello che dicono», si era sfogato con il cronista la scorsa estate durante la pausa di un consiglio regionale che doveva decidere sulla chiusura del Polo.
Acri si è spento nel pomeriggio dopo una lunga sofferenza. Aveva accanto l’adorabile moglie Vittoria, i figli Fabio e Massimo, le sorelle e Antonello, il collaboratore che, da quando si è ammalato, gli ha fatto da “angelo custode”.
Eletto in consiglio regionale nel 2005 nella lista dei Ds subito dopo Nicola Adamo e Franco Pacenza, Antonio Acri non ha mai fatto mancare il suo punto di vista nelle fasi più complicate di questa legislatura e spesso non lesinando critiche quando vedeva che la politica «delle intenzioni» non riusciva a dare risposte ai bisogni dei cittadini.
Da quando è stato eletto per la prima volta consigliere comunale, nel 1975, non ha mai smesso di occuparsi dei più deboli e dei giovani, dei disoccupati. Entrato in consiglio provinciale nel 1981 è stato eletto ininterrottamente fino a diventarne il presidente, direttamente nel 1995 e nel 1999. Da presidente della Provincia di Cosenza aveva avviato un piano straordinario per dotare i comuni di nuovi istituti scolastici e porre fine al mercato di fitti.
Da sportivo (ha giocato nei dilettanti e poi ha fatto l’allenatore di calcio di terza categoria) e insegnante Isef ha avuto cura cura che ogni istituto avesse la palestra. Generoso con tutte quelle associazioni che cercavano di dare risposte ai disagi della gente, non ha mai mancato di sostenerle.
I trent’anni spesi nel consiglio comunale di San Giovanni in Fiore e poi della Provincia di Cosenza non sono passati invano. Con lui è cresciuta una generazione di politici che oggi rivestono ruoli importanti nelle istituzioni.
In politica ha vissuto in prima persona la fase del Pci, del Pds, dei Ds e l’ultima del Partito democratico. Da subito aveva scelto di stare insieme all’amico Mario Maiolo con Enrico Letta, e ne andava orgoglioso.
In consiglio regionale è stato presidente della Quarta Commissione consiliare, del Comitato per la qualità e fattibilità delle leggi e segretario della Commissione consiliare contro il fenomeno della mafia in Calabria; da anni inoltre, era presidente di Legautonomie.
Oggi alle 18 il feretro arriverà a San Giovanni in Fiore dove, nella sala comunale, è stata allestita la camera ardente. I funerali si svolgeranno domani nella Chiesa dell’Olivaro, il quartiere popolare dove aveva deciso di abitare. Amici e colleghi lo piangono, molti cittadini lo rimpiangono.

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