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di ENRICO VACCARO
È pressante la richiesta avanzata da innumerevoli soggetti pubblici, da privati, sindacati, onlus, fondazioni, istituti di ricerca, terzo settore e da semplici cittadini alla classe politica per l’avvio sia di un programma di riforma dello Stato, che per la modernizzazione della pubblica amministrazione. Sanità, scuola, pubblico impiego, sono i settori da cui dover partire per poter comprendere l’attuale crisi italiana e in particolare quella del Mezzogiorno. E’ auspicabile che le forze politiche, e in particolare quelle del Nord-Est, abbassino i toni polemici e duri sulla Questione Meridionale. Così come bisogna augurarsi che le regioni del Sud diano segnali positivi sostenendo azioni concrete per incrementare le capacità endogene di calabresi, campani, pugliesi, siciliani e lucani. Cittadini e cittadine che ogni giorno, con grande impegno, provano sia a migliorare i processi autoctoni produttivi per generare ricchezze, che rinforzare quelli destinati alla cura della persona. L’Italia sta attraversando un “periodo d’affanno” che caratterizza tutte le nazioni europee e illustri analisti sostengono che la crisi di sistema potrebbe terminare nel 2010. Siamo in una variabile temporale che sta comprimendo la spesa delle famiglie italiane e in particolare sta riducendo i consumi nelle regioni del Sud. L’Istat, tramite il conto economico trimestrale, ha certificato che la spesa mensile per famiglia nel 2008 per un veneto è stata di 2.930 euro mentre per un siciliano è stata di 1.742. In Calabria la crisi sta alimentando quella atavica cultura negativa che fa sì che tanti calabresi non riescano a guardare al futuro con occhi positivi. E’ tempo che in Calabria si punti a migliorare la qualità della spesa pubblica che è bene ricordare è pari a circa 9.500 miliardi di euro, per una spesa pro capite pari a i 4.750 euro. La valutazione annuale sull’efficacia (leggi reali risultati positivi) e sull’efficienza (leggi soldi spesi bene) della spesa regionale dovrebbe evidenziare se l’attività svolta dall’operatore pubblico e da quello privato hanno effettivamente conseguito e raggiunto gli obiettivi utili e positivi per i calabresi. Bisogna evitare che il fatalismo continui ad aleggiare nelle menti dei calabresi, mentre è decisivo che ci si adoperi, in ogni contesto, per valorizzare e rendere edotte le specificità della Calabria. Non è più il tempo di guardare a orizzonti esterofili, c’è bisogno di avere nuovi occhi per valorizzare il paese Calabria. La Calabria non può continuare a essere terra di conquista sul piano economico, così come non può continuare a essere saccheggiata sul piano culturale. E’ tempo che nella Regione Calabria si avvii tramite soggetti moderni, culturalmente eclettici, giovani e dinamici, con un modo di pensare non in linea con gli stanchi schemi dell’appartenenza politica; una reale e concreta fase per una gestione efficace, equa dei processi socio economici che caratterizzano le specificità dei calabresi. Ancora oggi è difficile comprendere quali siano gli obiettivi strategici, di piano, di mezza legislazione, di settore, di servizio, d’area, che vengono perseguiti dalla Regione, dalle 5 province, dai 404 comuni, dalle Comunità montane (quanto sono?), e da un numero elevato di enti pubblici, privati, onlus, fondazioni, cooperative, terzo settore. Forse è tempo che tutti gli enti pubblici e/o privati diano un reale impulso organizzativo e gestionale per migliorare sistemi e metodi per la definizione degli obiettivi strategici, di servizio, di settore,d’area per favorire, tra l’altro, l’adozione di una metodologia di lavoro comune, concertata, condivisa per stabilire e raggiungere obiettivi misurabili, utili, concreti ed efficaci per i calabresi, per le famiglie, per i giovani, per le categorie protette, per la terza e quarta età e per coloro in cerca di occupazione con l’obiettivo di mettere un freno all’emigrazione culturale. E’ tempo, forse, che si sostenga e si implementi, anno dopo anno, un circuito virtuoso di azioni per rendere visibili i risultati ottenuti dall’Ente Regione, dalle Province, dai Comuni, dalla Aziende sanitarie, dalle Comunità montane e avere una certezza: la Calabria è terra da vivere e da amare. E’ tempo di valorizzare le proprie nicchie di alta qualità per farle diventare uno status symbol globale. E’ giunto il tempo che si faccia di tutto per esaltare i propri brand, per valorizzare le proprie specificità, il tutto per esaltare una forte identità regionale che permetta di affermare con orgoglio di essere calabrese così come si è orgogliosi di essere un lombardo, un emiliano, un veneto. La Calabria ha bisogno di rilanciare una sua reale e concreta immagine positiva e dinamica sia in Italia che in Europa. Ha bisogno per raggiungere questo obiettivo di essere sostenuta sia dalla politica, che dagli imprenditori, dagli intellettuali, dalle istituzioni per mettere in circolo reali azioni strutturali, costruttive che consentono di esaltare le proprie qualità o specificità. Per fare ciò ha bisogno di essere sostenuti da una classe politica, imprenditoriale e da intellettuali emotivamente empatici per poter affrontare e soprattutto propensi a eliminare gli atavici e storici problemi negativi che caratterizzano la storia sociale della Regione Calabria. Stiamo vivendo nell’era del capitalismo megaveloce, sfrenato, globale che riesce a incidere e influenzare i nostri quotidiani comportamenti. La Regione Calabria pur essendo unita fisicamente è lontana culturalmente dall’Italia e dall’Europa. A tutt’oggi la questione meridionale continua a essere un reale e concreto problema non ancora risolto, forse, anche per colpa di quei calabresi che guardano più verso Roma e non verso Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone. La Calabria non riesce ancora a soddisfare e rispondere concretamente alla richiesta di lavoro di tanti giovani diplomati e laureati, non riesce a infondere fiducia a tante famiglie monoreddito, non riesce a soddisfare i bisogni naturali e sociali di tanti uomini e donne che “non riescono a farsene una ragione”. Infine c’è da chiedersi come calabresi: perché la Calabria occupa nelle graduatorie nazionali il 20º posto tra le 20 regione italiane? Perché non è in grado di esprimere una reale, forte, stabile, qualificata identità regionale? Perché si è portati più polemizzare che impegnarsi nel costruire una Calabria di qualità?

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