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POTENZA – di LEO AMATO
«E’ capitato che in occasione di una seduta del consiglio qualche rappresentante politico, tra cui il consigliere regionale Luigi Scaglione, mi abbia sollecitato in maniera amichevole a “dare una mano” al Potenza calcio, individuando l’area per la costruzione del nuovo campo sportivo». “Dare una mano” resta tra virgolette anche nel corpo del verbale con le firme del capitano Antonio Milone, due sottufficiali dell’Arma, e l’assessore alle Attività produttive e il commercio del Comune di Potenza, già assessore allo sport dal 2005, grande appassionato di basket, nonchè esponente del Pd.
E’ finito tutto agli atti dell’appello del pm Francesco Basentini contro la decisione del giudice, che ha bocciato il teorema originale dell’inchiesta sulla calciopoli lucana, che prevede l’esistenza di un’associazione mafiosa dietro i fattacci descritti nelle accuse.
L’interrogatorio di Peppino Ginefra è dello scorso 4 dicembre, pochi minuti prima di quello dell’avvocato Alessandro Singetta, ex assessore all’urbanistica del Comune, oggi in carica ai Lavori pubblici. Sono stati sentiti entrambi come persone informate sui fatti del capitolo d’indagine sull’interesse del patron del Potenza Sport club per il progetto di realizzazione del nuovo stadio cittadino, un’operazione immobiliare complessa valutata attorno a un centinaio di milioni di euro, che avrebbe fatto gola a tanti, tra i quali anche il boss Antonio Cossidente, capobastone dei basilischi.
Mentre Singetta ha negato di aver avuto alcun tipo di rapporto con Postiglione e la sua società, tantomeno in relazione a quel progetto, Ginefra ha fatto riferimento a diverse “sollecitazioni” prima da parte del Potenza Sport Club, poi da “rappresentanti politici”, e ha raccontato l’incontro in Comune del 21 maggio del 2008 tra il patron dei rossoblu, il primo cittadino, Vito Santarsiero, e due impeccabili emissari in grisaglia della società “British land” di Londra, non fosse stato per l’inconfondibile “cadenza dialettale campana”, assieme a un altro uomo politico che non è stato in grado di identificare, forse “dell’Udeur, o di un altro partito”. È scritto proprio così. “A domanda risponde”. Si tratta di un’integrazione al fascicolo che è a disposizione delle parti. Per associazione mafiosa sono indagati in sette: Antonio Cossidente, Giuseppe Postiglione, Aldo Fanizzi, Pasquale Giuzio, Michele ed Alessandro Scavone, e Donato Lapolla, l’unico rimasto in libertà.
Poi c’è il brogliaccio di un’intercettazione tra il consigliere regionale Luigi Scaglione e “un rappresentante del Comune di Potenza”, almeno stando all’utenza da cui parte la chiamata, tale Michele, che si interessa dei fondi per lo sport lucano, circa un milione di euro, previsti da un emendamento alla legge di assestamento del bilancio del 2007, a firma proprio di Scaglione, che a novembre erano dati per persi. Per la procura sembra evidente che l’esistenza di un’associazione mafiosa e il coinvolgimento del consigliere Scaglione siano due cose che si sostengono a vicenda: l’una consente di configurare il concorso esterno nei confronti dell’uomo politico, che altrimenti andrebbe subito esente da un eventuale giudizio su qualsivoglia responsabilità di carattere penale; l’altra invece rimarca quanto esteso fosse diventato “il raggio di azione operativo del sodalizio”, con tutto quello che ne consegue.
Nel suo appello il pm sottolinea anche un’altra circostanza che sarebbe stata sminuita nell’ordinanza del gip Rocco Pavese: il contributo offerto dalle dichiarazioni del capo storico dei Basilischi, Gino Cosentino, in relazione alle attività di Antonio Cossidente che ruotavano attorno al Viviani. Il pm le definisce “precisissime”, e rimarca il periodo in cui vennero rese agli agenti della Questura del capoluogo, nell’ottobre del 2007, proprio all’inizio della sua collaborazione con la giustizia, quando l’indagine sulla Calcio Connection stava ancora compiendo i primi passi, e soltanto in pochi si immaginavano i rapporti tra gli ambienti della mala e il Potenza sport club.
Le microspie dei militari dell’Arma nello studio del ragionier Aldo Fanizzi erano in funzione solo da qualche giorno, e quando uscì la notizia del pentimento di “faccia d’angelo” registrarono un momento di “comprensibile fibrillazione”.
E’ annotato tutto nell’informativa di gennaio del 2009. Postiglione e il “consigliori” del gruppo per le “questioni di carattere commerciale ed economico”, Aldo Fanizzi, osservarono “la preoccupazione” nello sguardo del boss, erede designato proprio di Gino Cosentino. Cossidente li aveva appena raggiunti nello studio di via del Seminario dove si svolgevano i loro incontri, e volle subito rassicurarli.
«E’ uscito fuori dal giro da almeno un paio d’anni. Riporterà molte cose solo per sentito dire». Avrebbe detto così. La discussione davanti ai giudici del riesame è già fissata per il prossimo 2 febbraio.

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