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Il numero dei lavoratori irregolari (espresso in unità di lavoro standard) presenti in Italia ha ormai quasi raggiunto la soglia dei 3 milioni. E circa la metà, precisamente il 44,6%, è ubicata nel Mezzogiorno. Il valore aggiunto prodotto dal lavoro nero è pari a 92,6 miliardi di euro. Il dato emerge da un’analisi della Cgia di Mestre secondo cui l’incidenza percentuale del valore aggiunto dato dal sommerso sul valore aggiunto regionale tocca il suo massimo in Calabria con il 14,9%. Seguono la Sicilia con il 12,7%, la Campania con il 12,2%, la Basilicata e la Sardegna con l’11,7%. Chiude la classifica la Lombardia con il 4,9%. «Con la presenza del sommerso – dichiara Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia – la profonda crisi che sta colpendo il Paese ha effetti economici e sociali meno devastanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali. In particolar modo al Sud, possiamo dire che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro – prosegue Bortolussi – nessuno di noi vuole esaltare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e insicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività svolte dalle organizzazioni criminali, costituiscono in questi momenti così difficili una protezione per molti lavoratori. Per questo non vanno demonizzate».

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