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Hanno messo a soqquadro gli archivi, prelevato un numero di cartelle, e fatto a pezzi i computer degli uffici, paralizzando fino a serata inoltrata le attività dell’unità operativa di anatomia patologica dell’ospedale San Carlo.
È l’ennesimo capitolo dell’inchiesta sulla sanità della procura della Repubblica di Potenza, che fu del trasferito Henry John Woodcock, e prosegue grazie alla premura di una giovane coppia di pm, Eliana Franco e Salvatore Colella.
Ieri mattina gli agenti della Squadra mobile del capoluogo sono arrivati a sorpresa nei locali al secondo piano del maggiore nosocomio lucano con un decreto di perquisizione che riporta i nomi delle persone indagate e una breve descrizione delle accuse.
In alto a destra appare il numero del fascicolo, che sarebbe lo stesso di quello originato da una costola dell’inchiesta sugli appalti per le estrazioni di petrolio della Total.
In questo caso l’ipotesi degli investigatori ruoterebbe attorno a un numero di prestazioni effettuate nei locali e con i mezzi in dotazione al reparto ma in regime di “intra moenia”, che sarebbe il meccanismo con cui la legge consente ai medici in servizio in una struttura pubblica l’esercizio privato della loro professione purchè avvenga fuori dagli orari di lavoro, piuttosto che lasciare che ricevano in uno studio o una clinica di proprietà.
L’unità operativa di anatomia patologica del San Carlo effettua di routine tutta una serie di esami per la diagnosi delle patologie degli organi, ed è convenzionata con le aziende sanitarie di Venosa, Lagonegro, e Montalbano per una serie di operazioni. La procura sta lavorando su un’ipotesi per cui il primario, Domenico De Santis, due medici, Rosistella Chiacchio e Giulia Vita, e tre infermieri, non avrebbero fatto distinzione tra gli orari di lavoro e i diversi campioni da analizzare, e in particolare quelli da mettere in conto all’ospedale, e quelli in convenzione delle altre aziende sanitarie, da considerarsi prestazioni “intra moenia” a tutti gli effetti.
L’intestazione della rubrica è al reato di truffa, per un ammontare di diverse centinaia di migliaia di euro.
I fatti coprirebbero gli ultimi cinque anni.
Leo Amato

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