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Sgominata un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti speciali anche pericolosi, che commercializzava rottami ferrosi attestandoli, fraudolentemente, come materie prime trattate.
È quanto emerso dall’inchiesta dei carabinieri del Noe di Catanzaro che stamani ha portato all’operazione «Acciaio sporco» con l’arresto di un imprenditore, Francesco Palmieri, l’emissione di 10 provvedimenti di obbligo di presentazione alla pg e di sette al’obbligo di dimora» nei confronti di altrettanti dipende dell’impresa «Palmieri Francesco».
I carabinieri del Noe, insieme a quelli della Compagnia di Lamezia Terme, hanno anche sottoposto a sequestro preventivo l’impresa e 39 camion e rimorchi per un valore di 15 milioni di euro.
All’impresa Palmieri, secondo quanto emerso dalle indagini, venivano conferiti rifiuti speciali pericolosi e non da 96 aziende, 7 enti pubblici e 21 soggetti privati. Palmieri, oltre a gestire la ditta a suo nome, dedita alla commercializzazione all’ingrosso di rottami ferrosi e semplicemente autorizzata alla raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi, è anche amministratore unico della società Ecofuturo, operante nel campo del commercio all’ingrosso di rottami ferrosi che, secondo l’accusa, era utilizzata come ditta trasportatrice della materia prima trattata illecitamente prodotta dall’impresa «Palmieri Francesco».
Con questa attività, i 166 indagati complessivi dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Lamezia Terme, avrebbero ottenuto di non pagare gli oneri dovuti per lo smaltimento dei rifiuti prodotti e guadagnato sulla successiva commercializzazione del rifiuto, surrettiziamente qualificato quale trattato per l’industria siderurgica. I conferitori dei rifiuti, secondo i carabinieri, provvedono in proprio alla raccolta ed al primo trattamento di ingenti quantitativi di rottami ferrosi che poi venivano trasferiti alla “Palmieri Francesco”. La ditta, nonostante la mancanza delle necessarie autorizzazioni, ha realizzato un vero e proprio impianto adibito al trattamento di rifiuti ed in particolare di veicoli fuori uso, parti di veicoli, rottami ferrosi. L’azienda, poi, provvedeva alla commercializzazione dei rifiuti verso imprese compiacenti individuate in Sicilia, Puglia, Basilicata e Campania.

Il Procuratore capo di Lamezia Terme, Salvatore Vitello
«Si tratta di un’attività redditizia, soprattutto per i volumi di traffico che abbiamo accertato e il numero delle persone coinvolte. Questo è l’aspetto più allarmante». Lo ha detto il procuratore capo di Lamezia , Salvatore Vitello, che ha evidenziato i risultati dell’operazione «Acciaio sporco» portata a termine dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Catanzaro.
Quattro i milioni di chilogrammi di rifiuti pericolosi trattati, intercettati dai carabinieri del nucleo Tutela ambiente grazie ad un’intensa attività di indagine. Nel corso della conferenza stampa che si è svolta nel Comando Legione carabinieri Calabria, il procuratore ha sottolineato l’importanza dell’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Domenico Galletta.
«Un’attività illecita – ha aggiunto il procuratore – in maniera clamorosa che si atteggia ad attività tollerata, e questo si desume dall’alto numero di conferitori nell’azienda e nell’area che abbiamo sequestrato». Dei 168 indagati, infatti, oltre cento sono i privati interessati.
«Un numero indicativo – ha affermato Vitello – rispetto al fatto che l’attività non viene percepita come illegale, quando invece lo è e in maniera clamorosa». I rifiuti intercettati grazie all’attività di indagine fatta attraverso appostamenti e pedinamenti, «fa capire come l’attività – ha dichiarato il procuratore – fosse al centro di un sistema e quanto questa attività fosse tollerata o vi fosse un atteggiamento di totale indifferenza. Non dimentichiamo che tra i conferitori vi erano anche sette comuni.
Questo la dice lunga sulla necessità che su questi territori si acquisisca una condizione piena della legalità, soprattutto su queste cose. L’illegalità – secondo Vitello – è anche quella che si produce con la violenza sull’ambiente. Abbiamo operato su un’azienda già sequestrata per i medesimi fatti, dove le illegalità erano innumerevoli. Quella principale era il trattamento organizzato e illecito di rifiuti pericolosi, ma poi vi erano una serie di illegalità, tra le quali la violazione della normativa urbanistica e il problema dello scarico che scaricavano sul terreno; una gamma di illegalità che costituiscono uno sfregio di natura ambientale».

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