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di ROCCO PEZZANO
POTENZA – Fa male alla salute l’attività del Centro Olio di Viggiano? Se sì, quanto? E fin dove arrivano gli effetti? Che tipo di patologie comporta o aggrava? E il resto dell’attività estrattiva in Basilicata? Di domande sull’argomento “petrolio, ambiente e salute” se ne possono fare ancora decine. Di risposte invece ce n’è una sola, all’insegna della sintesi estrema: boh.
Non esiste al momento alcun dato certo. Non esiste uno studio che accerti alcunché, non si ha notizia di un’analisi sulla correlazione fra una sola delle sostanze prodotte dal Centro Olio ed eventuali malattie. Proprio domani, a Villa d’Agri (vedi articolo a pag. 26) partirà il progetto “Salute e ambiente” dei medici di famiglia Fimmg e della Regione, ma i risultati si conosceranno fra cinque anni.
Per ora si può procedere solo per analogie, esempi, ipotesi, incrocio di dati e via indovinando.
Ed è per questo che il poco inchiostro esistente è prezioso. Il Consorzio “Mario Negri Sud” ha compiuto due anni fa uno studio non sul Centro Olio lucano ma su quello che l’Eni voleva costruire ad Ortona, in provincia di Chieti.
«Abbiamo analizzato lo Studio di impatto ambientale – spiega al telefono Marcello Desiderio del Centro di scienze ambientali del “Negri Sud” – che l’Eni ha prodotto per la costruzione del Centro Olio di Ortona».
Per inciso, il “Negri” ha stipulato circa un anno fa un accordo – con la Comunità montana Alto Agri, l’allora Asl 2 e l’Arpab – per il monitoraggio ambientale nella “zona calda” dell’oro nero. Non si conoscono ancora gli esiti di quell’iniziativa.
Analogie
Il documento del “Negri Sud” su Ortona, invece, interessa la Basilicata per due motivi: innanzitutto perché i rilievi avanzati sulla struttura da realizzare in Abruzzo si possono idealmente estendere – fatti tutti i distinguo – anche all’impianto lucano, che effettua lo stesso tipo di attività (anzi, il Centro Olio lucano, il Monte Alpi, ha un volume produttivo, a detta di Desiderio, di circa sette volte superiore a quello abruzzese denominato Miglianico). Tra gli aspetti interessanti dello studio del “Negri” – commissionato dalla locale amministrazione provinciale – c’è che le autorità abruzzesi, dopo la sua pubblicazione nel 2007, hanno sospeso il progetto del Centro Olio fino al 31 dicembre del 2008 una prima volta e fino al 31 dicembre scorso una seconda volta. E pare che questa opposizione dura dell’ente all’Eni abbia convinto quest’ultimo ad abbandonare l’idea.
2000, l’ultimo rapporto
Ma c’è anche un secondo punto d’interesse per i lucani: nello studio su Ortona viene citato un “Rapporto sanitario” che la Regione Basilicata ha prodotto nel marzo del 2000 in vista della costituzione dell’osservatorio epidemiologico. Un documento rimasto come unicum, mai replicato o aggiornato in base a quanto gli stessi ricercatori del “Negri Sud” dicono.
E quel rapporto dice una cosa su cui fermare l’attenzione: nella zona di Viggiano – una macroarea che comprendeva anche altri tre comuni e 11.186 cittadini – venivano ricoverate molte persone per malattie legate alla respirazione.
Da sottolineare che non viene sic et simpliciter stabilito il nesso di causalità fra il rilascio di inquinanti nell’ambiente e l’alto tasso di ricoveri. Per affermare che quel nesso ci sia, ci vuole uno studio ad hoc. Non è però peregrino pensare – considerando che si tratta di patologie considerate “sentinella” per quanto riguarda l’inquinamento ambientale – che possa esistere un legame.
Questo è il passaggio dello studio del “Negri” che riguarda quel rapporto lucano del 2000: «E’ stata effettuata un’analisi epidemiologica delle schede di dimissione ospedaliera (Sdo) del triennio 1996-1998 riferite a pazienti con ricovero in regime ordinario urgente. Nelle aree delimitate sulla base degli insediamenti produttivi sono stati quindi studiati gli eventi sentinella cardio-respiratori acuti mediamente più gravi associati ad inquinamento industriale. I risultati indicavano che il tasso di ospedalizzazione (To) per 10.000 residenti dovuto a infezioni/infiammazioni polmonari è risultato pari a 44,4 e il rischio relativo di ospedalizzazione pari a 2,3 , a fronte di una media regionale per i due indici pari a 19,3 e 1,0 rispettivamente». Tassi più che doppi.
«Altrettanto significativo – è scritto ancora – appare il dato per i tassi di ospedalizzazione per asma, dove a fronte di una media regionale di 5,5 si è osservato un valore di 10,4 nell’Area 2, con un rischio relativo di ospedalizzazione di 1,9 contro 1,0 della media regionale. Lo studio concludeva asserendo che nelle aree considerate a “più alto rischio ambientale” nella Regione Basilicata, si erano osservati tassi di ospedalizzazione per eventi sentinella cardio-respiratori mediamente più elevati rispetto ai livelli medi regionali. In particolare, l’area nella quale ricade il centro oli mostra tassi più elevati (dal 50% a 2,5 volte) per asma, altre condizioni respiratorie acute, ischemie cardiache e scompenso».
Una veloce analisi del valore dei dati lucani: «In base ai limiti intrinseci dei dati su cui si era potuto lavorare è più appropriato parlare di associazioni statistiche piuttosto che di inferenza di causalità. Le osservazioni risultanti dalla Relazione Sanitaria 2000 della Regione Basilicata costituiscono, tuttavia, una base di partenza senz’altro valida per la valutazione del progetto di centro oli “Miglianico”».
L’appello ai lucani
Ma c’era anche un appello rivolto agli amministratori lucani: «Dal documento emerge netta la raccomandazione di avviare uno studio sanitario ad hoc, in quanto si confermava come il centro oli di Viggiano costituisse una potenziale fonte di pressione per lo stato di salute della popolazione. Nel caso, a questo punto non auspicabile, che il centro oli “Miglianico” entri comunque nella fase di realizzazione, una sorveglianza prospettica sarebbe necessaria». Dunque, l’auspicio che l’impianto abruzzese non venisse realizzato.
E in un altro passaggio: «Considerato il periodo trascorso dalla pubblicazione della Relazione Sanitaria (2000) ad oggi, sarebbe opportuno che l’Osservatorio Epidemiologico Regionale della Basilicata effettuasse approfondimenti non soltanto sulle patologie sentinella sopra citate, ma anche sulle patologie croniche eventualmente manifestatesi nel frattempo».
Il Centro olio di Viggiano è attivo da una decina d’anni, e cosa sia accaduto ad esempio ai bronchi e agli alveoli dei valligiani non è dato sapere.
La mancanza di iniziativa da parte delle autorità pubbliche lucane – la Regione, le strutture sanitarie, gli altri enti locali eccetera – non è un’eccezione. Di studi sugli effetti di un Centro olio non ne esistono in generale, c’è qualcosa che riguarda le raffinerie siciliane – ma la struttura lucana non è una vera raffineria – e alcuni materiali prodotti dalle stesse compagnie petrolifere.
Di certo le conclusioni del “Negri” sul Centro olio Miglianico parlano di una situazione in cui è necessario effettuare una serie di studi specifici. Anche perché Tommaso Pagliani, responsabile del Centro di scienze ambientali del “Negri Sud”, nello studio su Ortona spiega che la sua previsione mostra un inquinamento maggiore di quello dichiarato dallo studio dell’Eni. In alcuni casi anche maggiore dei limiti consentiti dalla legge.
E le domande – quelle a cui non è stata ancora data risposta – a questo punto si moltiplicano.

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